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Raul Caruso: Solidarietà, dialogo e convergenza

Raul Caruso Ansa - CESARE ABBATE
Pubblicato il 22-02-2021

Un progetto comune per il buon funzionamento delle istituzioni

Raul Caruso / docente di Economia della pace università Cattolica del Sacro Cuore

In questo periodo di incertezza dovuta alla pandemia di Covid-19, è evidente che è necessaria la condivisione nella comunità internazionale di un nuovo piano globale di sviluppo economico. Un nuovo piano di sviluppo non può prescindere da una nuova visione delle determinanti economiche della prosperità e del benessere delle società.

La crisi finanziaria del 2008 aveva già svelato difetti, incongruenze e storture di un modello economico di sviluppo illusoriamente orientato alla crescita perenne e adesso la crisi pandemica ha completato il lavoro di svelamento evidenziando come la trasformazione anche di beni pubblici come la salute in beni privati fosse non solo fallace ma estremamente pericoloso.

In questa prospettiva, l’iniziativa di Economy of Francesco e le ultime lettere encicliche di papa Francesco propongono esattamente questo: una visione dell’economia che metta al centro l’uomo e un necessario piano di azione politico di respiro globale. Economy of Francesco ha presentato, infatti, una visione complessa dell’economia a tutto tondo, in cui l’uomo è il cuore pulsante di un sistema che possa comprendere la varietà di relazioni e attitudini che pur informando profondamente la vita economica non sono riconducibili alla mera fissazione di un prezzo per lo scambio.

In fondo, l’uomo nella declinazione dei suoi comportamenti economici si basa su fattori quali tra gli altri l’identità e i suoi valori, le relazioni reciproche e la consapevolezza della necessità di produrre beni pubblici oltre ad acquisire beni privati. Nella considerazione di ciò, l’uomo può realmente sostanziare una nuova vita economica in cui le disuguaglianze, le speculazioni e il perseguimento del profitto non siano caratteristiche ineliminabili. In questa visione, Economy of Francesco richiama in maniera evidente gli insegnamenti della tradizione francescana che per prima nella storia occidentale segnò una distinzione tra le attività economiche foriere di reale benessere sociale e quelle destinate a divenire speculative producendo solamente utili privati.

Una nuova visione dell’economia non può però trovare strumenti e svilupparsi in un vacuum istituzionale politico a livello globale ed è per questo che la lettera enciclica Fratelli Tutti ha presentato quello che potremo definire un piano di intervento globale. La lettera enciclica, fin dalle sue prime battute, riafferma alcune idee cruciali e imprescindibili nella definizione dei percorsi di costruzione della pace a livello globale.

Nel primo capitolo, intitolato ‘Le ombre di un mondo chiuso’, sono individuate in maniera esplicita le criticità di un mondo apparentemente aperto ma caratterizzato da guerre, paure e assenza di una visione comune da parte delle classi dirigenti dei diversi Paesi. In questo senso, nella lettera appare evidente che l’espansione non regolata e limitata di mercati informati dalla ‘vecchia’ visione dell’economia hanno determinato un sistema globale che favorisce esclusivamente i più forti.

Da qui sono nate nuove povertà e diseguaglianze a cui sono associate nuove aggressività oltre all’esacerbazione di vecchi conflitti. In sintesi, i mercati ‘classici’ lasciati a se stessi hanno dimostrato non solo di non funzionare correttamente ma anche di generare costi sociali e umani sostanziali. Difficile, purtroppo, è il percorso da seguire per immaginare e implementare regole e politiche in grado di porre rimedio a tali distorsioni.

Il rafforzamento delle istituzioni internazionali rappresenta l’unica strada percorribile per la costruzione della pace. In altre parole, la solidarietà, il dialogo e la convergenza verso un progetto comune non possono che concretarsi nel buon funzionamento e nel rafforzamento delle istituzioni internazionali. Ma queste non posso realmente declinare i propri effetti positivi se non si pone un freno all’accumulazione di armamenti che alimentano un clima di sfiducia tra i paesi e che non costituiscono la vera pace ma solo scenari di deterrenza e equilibrio di potenza sovente instabili. In questo senso, papa Francesco, riafferma il magistero della Chiesa secondo cui pace e sicurezza non sono sinonimi e che la prima non si costruisce attraverso strumenti di morte.

Alla luce di questo, quindi non possiamo che avere un giudizio assolutamente negativo sulle politiche di riarmo in corso dei paesi leader e del mondo e dei loro alleati. In un mondo in cui si pongono le basi per la costruzione della pace, viceversa, sarà più facile per un’economia nuova in cui produzione di beni comuni, la lotta alla fame, alle povertà e alle disuguaglianze sono imperativi da cui non si può prescindere.

Questa è la grande sfida dei prossimi anni nella consapevolezza che la crisi economica derivante dalla pandemia renderà indifferibili le decisioni di rinnovamento delle nostre convinzioni e delle nostre politiche in ambito economico sia nei nostri territori sia a livello globale.

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