religione

Quando Giovanni Paolo II parlò a ottantamila giovani musulmani

Antonio Tarallo
Pubblicato il 22-10-2020

Casablanca, 19 agosto 1985: il Pontefice incontrava i giovani di fede musulmana

 “Incontro spesso dei giovani, in generale cattolici. È la prima volta che mi trovo con dei giovani musulmani. Cristiani e musulmani, abbiamo molte cose in comune, come credenti e come uomini. Viviamo nello stesso mondo, solcato da numerosi segni di speranza, ma anche da molteplici segni di angoscia. Abramo è per noi uno stesso modello di fede in Dio, di sottomissione alla sua volontà e di fiducia nella sua bontà. Noi crediamo nello stesso Dio, l’unico Dio, il Dio vivente, il Dio che crea i mondi e porta le sue creature alla loro perfezione”. 

Sembrano scritte oggi, queste parole. Sembrano guardare al presente della Chiesa, del Mondo. E, invece, risalgono al 1985, in occasione del viaggio apostolico di Giovanni Paolo II in Marocco. Casablanca, 19 agosto 1985: il pontefice romano incontrava i giovani di fede musulmana. Un incontro che segnerà la Storia, per sempre. Stadio olimpico della città. Davanti a Wojtyla ci sono ben ottantamila giovani musulmani. Presente, tra l’altro, Re Hassan II. Giovanni Paolo II è stato il primo pontefice a mettere piede sulla terra del Marocco. Questo rappresentava l’ultima tappa di uno dei suoi viaggi in Africa: prima località raggiunta, il Togo,  per poi proseguire in Costa d’Avorio, Camerun, Repubblica Centrafricana, Zaire e Kenya. 

In un mondo che desidera l’unità e la pace e che conosce tuttavia mille tensioni e conflitti, i credenti non dovrebbero favorire l’amicizia e l’unione tra gli uomini ed i popoli che formano sulla terra una sola comunità? Sappiamo che essi hanno una stessa origine e uno stesso ultimo fine: il Dio che li ha fatti e che li attende, perché egli li riunirà”. Era prima volta assoluta che un Papa parlava dei valori comuni - tra cristiani e musulmani - nella fede in Dio. 

Proseguendo il suo discorso agli ottantamila giovani presenti nello stadio, Wojtyla poneva nei giovani la speranza di un mondo più giusto, più bello, più umano: “Dio ha fatto i giovani così precisamente perché contribuiscano a trasformare il mondo secondo il suo piano di vita. Ma anche ad essi la situazione appare spesso con le sue ombre”.

Leggere queste parole così ricche e così illuminanti, oggi, fa un certo effetto. Non possiamo e non dobbiamo negarlo. Una visione profetica, quella di Wojtyla, che - nella sua lungimiranza politica e spirituale - scardinava i muri, le divisioni tra due mondi, quelli islamico e quello cristiano. Due mondi a confronto che nella nostra contemporaneità sono sotto i riflettori dei media, dell'opinione pubblica. Bisognerebbe rileggere, riprendere molti concetti di questo memorabile discorso.  Gli anni sono passati e il ricordo di quell’incontro “magico” andrebbe - forse - meglio ricordato, soprattutto nel tempo che stiamo vivendo, così precario di tutto e di tanto. Non ci sono ormai gli steccati solo della fede, della religione. Nella società del 2000 troviamo gli echi di ciò che Papa Giovanni Paolo II aveva già visto: le isole deserte si fanno sempre più deserte e ognuno dimentica di essere un tutt’uno con l’altro, col “fratello”.  

Un anno dopo, si aprirà il cammino del dialogo interreligioso sulla via di San Francesco, ad Assisi. “Le nostre tradizioni sono molte e varie, e riflettono il desiderio di uomini e donne lungo il corso dei secoli di entrare in relazione con l’Essere Assoluto”, così Wojtyla parlerà a molti leader delle diverse religioni convenute ad Assisi per la preghiera per la pace. Un cammino nuovo che la Chiesa stava cominciando a percorrere e che - tutt'oggi - continua a percorrere con fiducia, speranza e carità. Perchè si sa: dove c’è Carità, c’è Amore. Ed è lì che risiede Dio.  

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