religione

In quanti modi diciamo “fratelli”

Laura De Luca Freepik
Pubblicato il 18-10-2020

In quanti modi i Pontefici della modernità hanno declinato questa parola chiave della spiritualità francescana?

Il Signore ci ha predicato una grande verità: voi tutti siete fratelli. L'abbiamo questa idea della fratellanza universale? Sì e no. Lo diciamo tante volte pensando che sia una bella cosa, ma utopistica, cioè non realizzabile, un bel sogno, ma non pratico, che nella realtà delle cose non trova applicazione. Ed ecco che noi dobbiamo persuadere noi stessi, prima che gli altri, che la fratellanza deve essere la legge, il principio, il criterio dominante del rapporto tra gli uomini.

 

Dobbiamo diventare, se non lo siamo ancora, fratelli, e abituarci - il Vangelo da tanti secoli ce lo dichiara, ma ci trova quasi refrattari alla lezione - a vedere in un altro volto umano quasi lo specchio del nostro, a vedere un altro noi stessi negli altri. Il Signore ha detto: "Amatevi gli uni gli altri, amatevi come voi stessi". Cioè: dobbiamo trasferire anche negli altri quel sentimento di personalità che proprio ci definisce, il nostro io; comprendere noi stessi negli altri. (…) Questa è la grande politica umana e cristiana del mondo! Dobbiamo abituarci a vedere negli uomini non degli antagonisti, non dei nemici, non dei rivali, non dei concorrenti, dei fratelli.

 

Così Papa Paolo VI in occasione della Santa Messa per la IV Giornata della Pace, il primo gennaio 1971. Era stato proprio Papa Montini a istituire, quattro anni prima, questo appuntamento, dopo che nella enciclica Populorum Progressio aveva sintetizzato il concetto che lo sviluppo (lo sviluppo di tutti i popoli, indistintamente) è il nuovo nome della pace. Nel corso del suo pontificato Paolo VI tornò spesso sulla consapevolezza della fratellanza universale alla luce del Vangelo e della necessaria condivisione delle risorse.

 

Poi c’è un altro modo di declinare la fratellanza. Ed è la condivisione del dolore: quando tutti siamo “nella stessa barca”. Come nei giorni della pandemia, come nella tragedia di una guerra che incombe…

 

Noi, non d’altro armati che della parola di Verità, al disopra delle pubbliche competizioni e passioni, vi parliamo nel nome di Dio, da cui ogni paternità in cielo ed in terra prende nome (Eph., III, 15), — di Gesù Cristo, Signore Nostro, che tutti gli uomini ha voluto fratelli, — dello Spirito Santo, dono di Dio altissimo, fonte inesausta di amore nei cuori.

E a voi, diletti figli di tutta Italia, che in nobile gara di fraterna pietà, dal primo all'ultimo cittadino, siete stati pronti a soccorrere gli sventurati fratelli, giunga la testimonianza paterna della Nostra ammirazione, della Nostra gratitudine, ed insieme l'esortazione ad aumentare con sempre maggior lena il soccorso.

 

Ma è di nuovo alla stessa tavola, cioè nel condividere lo stesso cibo, che misuriamo autenticamente la fratellanza reciproca. In questo senso “fratelli” è una espressione concreta. “Tante volte, - scrive Francesco nella sua terza enciclica- mentre ci immergiamo in discussioni semantiche o ideologiche, lasciamo che ancora oggi ci siano fratelli e sorelle che muoiono di fame e di sete, senza un tetto o senza accesso alle cure per la loro salute”. Fratelli che rimangono senza pane, mentre noi ne abbiamo in abbondanza sulle nostre tavole…

 

Esso dev'essere anzitutto un pane nostro, chiesto cioè in nome di tutti. « Il Signore — ammonisce in proposito S. Giovanni Crisostomo — ha insegnato nel Pater a rivolgere a Dio una preghiera anche a nome dei fratelli. Egli vuole, cioè, che non s'innalzino a Dio suppliche avendo di mira soltanto i propri interessi, ma anche quelli del prossimo. Egli intende con ciò combattere le inimicizie e reprimere l'arroganza ».

 

Così Papa Giovanni XXIII nel suo Radiomessaggio per la Pasqua del 1959, quando ancora intere popolazioni soffrivano le conseguenze della guerra e stentavano a riprendere una vita degna. Che l’invocazione “dacci oggi il nostro pane quotidiano” includa nell’aggettivo “nostro” appunto il pensiero ai fratelli.

 

E proprio il pane, il pane nostro quotidiano, insieme ad altro, lo condivise concretamente Papa Giovanni Paolo II sedendosi tante volte a tavola con i poveri. Eccolo per esempio il 3 gennaio del 1988 all’ospizio Santa Marta, nel pieno di quegli anni ottanta opulenti ed edonisti. Chiamò i poveri appunto fratelli, perché il primo a considerarli tali fu Gesù stesso…

E poi si devono cercare le strade per migliorare la vita perché noi siamo tutti consapevoli di quello che vuol dire Gesù Cristo: Dio-uomo, Dio che si è fatto uno di noi, nostro fratello. Sappiamo anche che alla fine del mondo, lui sarà nostro giudice, da fratello. E questo giudizio verterà sul modo in cui abbiamo saputo essere fratelli gli uni per gli altri. Così essendo fratelli per gli altri, per le diverse persone, specialmente per i sofferenti, per i poveri, siamo stati fratelli anche per lui. (…)

 

Vedere nell’altro, chiunque sia, davvero un membro della stessa famiglia, è un percorso necessario, urgente, ma anche difficile. Papa Benedetto XVI ne fa oggetto di una supplica alla madre di tutti noi al termine della visita alla casa “Dono di Maria” delle missionarie della carità in Vaticano, il 4 gennaio 2008…

 

La Vergine Maria, che ha offerto tutta se stessa all’Onnipotente ed è stata ricolmata di ogni grazia e benedizione con la venuta del Figlio di Dio, ci insegni a fare della nostra esistenza un dono quotidiano a Dio Padre, nel servizio ai fratelli e nell’ascolto della Sua parola e della Sua volontà. E come i santi Magi venuti da lontano per adorare il Re-Messia, andate anche voi, cari fratelli e sorelle, per le strade del mondo.

 

Ed è lo stesso Papa teologo, Benedetto XVI, a metterci in guardia nei confronti di facili illusioni dei nostri tempi incoraggiate dalla tecnologia… 16 dicembre 2010. si rivolge ai nuovi ambasciatori presso la Santa Sede.

 

…se il processo di globalizzazione in atto avvicina gli esseri umani gli uni agli altri, non ne fa per questo dei fratelli. Si tratta qui di una problematica più ampia, poiché, come osservava il mio predecessore Papa Paolo vi, il sottosviluppo ha come causa profonda la mancanza di fraternità. (cfr Populorum Progressio, n. 66)

 

Le voci dei Papi. In quanti modi diciamo “fratelli”. In onda su Radio Vaticana Italia domenica 18 ottobre. In collaborazione con l’Archivio Editoriale Multimediale della Radio Vaticana. VATICAN NEWS

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