fede

I miracoli più straordinari di Sant’Antonio da Padova

Gelsomino Del Guercio
Pubblicato il 06-06-2021

Il neonato che parla e il piede riattaccato, questi ed altri miracoli riportati negli atti del processo canonico 

Si avvicina la festa di Sant’Antonio da Padova, il prossimo 13 giugno, e ricordiamo il santo taumaturgo con quattro dei suoi più famosi miracoli. In migliaia, ogni anno, chiedono la sua intercessione. 


IL NEONATO CHE PARLA

A Ferrara, ricorda Padova Oggi, una famiglia è minacciata dal sospetto nato dalla gelosia: un padre non vuole nemmeno toccare il figlio nato da pochi giorni perché crede che sia frutto di un tradimento della moglie. Antonio prende allora in braccio il neonato e gli dice: "Ti scongiuro in nome di Gesù Cristo, vero Dio e vero uomo, nato da Maria vergine, di dirmi a voce chiara, così che tutti sentano, chi è tuo padre". Il bambino, fissando negli occhi il genitore, visto che non può muovere le mani, legate dalle fasce, dice: "Ecco, questo è mio padre!". E rivolgendosi all’uomo il Santo aggiunge: "Prendi tuo figlio, e ama tua moglie, che è intemerata e merita tutta la tua riconoscenza".



IL PIEDE RIATTACCATO

Un uomo di Padova, di nome Leonardo, confessa ad Antonio di avere dato con violenza un calcio alla propria madre. Antonio con aria di deplorazione commenta: "Il piede che colpisce la madre o il padre, meriterebbe di essere tagliato all'istante". L’uomo, colpito dal rimorso, una volta tornato a casa si recide il piede. La notizia si diffonde immediatamente per tutta la città, arrivando anche ad Antonio. Il santo raggiunge subito l’uomo e, dopo un’orazione, congiunge alla gamba il piede mozzato, facendovi il segno della croce. E qui si compie lo straordinario miracolo: il piede rimane attaccato alla gamba, tanto che l’uomo si alza in piedi, inizia a camminare e saltare allegramente, lodando Dio e ringraziando Antonio.

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LA PREDICA AI PESCI

Come nella vita di san Francesco c’è la predica agli uccelli, nella vita di Antonio c’è la predica, non meno fantasiosa e poetica, ai pesci. Sarebbe avvenuta a Rimini. La città era ben salda in mano a gruppi di eretici. All’arrivo del missionario francescano, i capi danno la parola d’ordine: chiuderlo in un muro di silenzio. Di fatto, Antonio non trova a chi rivolgere la parola. Le chiese sono vuote. Esce in piazza, ma anche lì nessuno mostra di accorgersi di lui, nessuno fa caso a quello che dice. Cammina pregando e pensando. Arrivato al mare, vi si affaccia e comincia a chiamare il suo uditorio: "Dal momento che voi dimostrate di essere indegni della parola di Dio, ecco, mi rivolgo ai pesci, per confondere più apertamente la vostra incredulità". E i pesci affiorano a centinaia, a migliaia, ordinati e palpitanti, ad ascoltare la parola di esortazione e di lode.

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LA VISIONE

Poco prima di morire, Antonio ottiene di ritirarsi in preghiera a Camposampiero, vicino a Padova, nel luogo che il signore del luogo, il conte Tiso, aveva affidato ai francescani, nei pressi del suo castello. Camminando nel bosco, Antonio nota un maestoso noce e gli viene l’idea di farsi costruire tra i rami dell’albero una specie di celletta. Tiso gliela allestisce. Il Santo passa così in quel rifugio le sue giornate di contemplazione, rientrando nell’eremo solo la notte. Una sera, il conte si reca nella stanzetta dell’amico, quando, dall’uscio socchiuso, vede sprigionarsi un intenso splendore. Temendo un incendio, spinge la porta e resta immobile davanti alla scena prodigiosa: Antonio stringe fra le braccia Gesù Bambino. Quando si riscuote dall’estasi e vede Tiso commosso, il Santo lo prega di non parlare con nessuno dell’apparizione celeste. Solo dopo la morte del Santo il conte racconterà quello che aveva visto.

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