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La questione sociale non può aspettare

Avvenire Ansa/Alessandro Di Marco
Pubblicato il 10-07-2020

Italiani e stranieri, giovani e anziani, professionisti e disoccupati: la povertà aumenta, e spesso viene ignorata

Il ricatto strisciante della povertà come destino ineluttabile non è solo l’aspetto più drammatico della questione sociale, con cui facciamo i conti dall’inizio della pandemia. È diventato un fardello che accomuna, fino a quasi a stritolarle, generazioni diverse. La denuncia che raccontiamo oggi su "Avvenire", con i figli dati in pegno agli usurai per pagare il debito contratto, è solo l’ultima, e la più drammatica, delle richieste d’aiuto che arrivano dal Paese profondo, sempre più a Sud e sempre più dimenticato.
Un grido che preoccupa perché risuona ancora più forte nel silenzio generale, dove prendono forma vere e proprie piaghe sociali in grado di distruggere intere famiglie. Usura e azzardo sono due facce della stessa medaglia, eppure sono fenomeni così nascosti che soltanto chi conosce bene il territorio e le comunità riesce a individuare per tempo e a combattere. Da mesi ormai rilanciamo gli allarmi delle Caritas e della Consulta anti usura, che hanno visto cambiare radicalmente la fisionomia di chi domanda aiuto: dai piccoli artigiani ai professionisti rimasti senza clienti, dalle famiglie con figli ai pensionati soli. Gli stessi che fanno la fila davanti ai Comuni per ottenere i buoni spesa. Ma questo almeno è il volto, sempre più drammatico e irriconoscibile, di un’indigenza a cui si cerca di dar risposta in modo istituzionale, sia pur tra fatiche e difficoltà.

Il problema è il resto. È l’oblio in cui cadono queste storie, che spesso si sviluppano nelle periferie del Paese, a favorire l’adozione di pratiche sempre più illegali: si parte dall’usura di vicinato (piccole cifre chieste in prestito al vicino di casa) e si entra in giri sempre più pericolosi. È il sommerso che preoccupa adesso, popolato com’è da spregiudicati faccendieri e criminali, liberi di imperversare nei terreni disumani dell’illegalità.
«Le mafie sanno sempre adeguarsi a ogni trasformazione sociale» ha dichiarato il procuratore nazionale antimafia, Federico Cafiero De Raho. Prima degli altri, proponendo soluzioni all’apparenza allettanti e altrettanto truffaldine. Certamente, i clan in certe zone d’Italia arrivano prima dello Stato, che rimane in ritardo nell’elaborazione di risposte efficaci ai bisogni economici dei soggetti in difficoltà.
È come se, presi da equilibri politici da riconfigurare e in assenza di un pensiero forte per la ripresa, ci stessimo dimenticando della quotidianità di milioni di italiani, che fanno fatica a metter insieme il pranzo con la cena. Non è ovviamente più (non lo è mai stato, a dir la verità) un problema di priorità: italiani o stranieri, non conta. La verità è che la realtà ha già superato le nostre previsioni e non occorrerà aspettare l’autunno, come dice il governo. Le tensioni sociali ci sono già e vanno affrontate, ripensando radicalmente il sistema di welfare. Senza rimandare, perché non c’è più tempo.

Diego Motta - Avvenire

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