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Bari, Bassetti: per il Mediterraneo un’esperienza di comunione

Andrea Dammacco Vatican News
Pubblicato il 23-02-2020

Da Bari si avvia uno stile nuovo di dialogo, accoglienza e sostegno tra le comunità. Un nuovo modo di essere Chiesa, si è detto nei giorni di confronto tra i vescovi durante Mediterraneo frontiera di pace, ancora più forte nell’ascolto e nell’impegno. Nel riferire a Papa Francesco le conclusioni dei lavori dei 58 vescovi delle 20 Chiese del Mediterraneo, l’amministratore Apostolico “sede vacante” del Patriarcato Latino di Gerusalemme, monsignor Pierbattista Pizzaballa, ha ricordato come “le comunità cristiane non smettono di costruire vie alternative di pace e testimonianza, del nostro stile cristiano di stare dentro la realtà ponendo al centro la persona”. Si inaugura dunque una nuova linea sinodale come ha ricordato il presidente della Cei, cardinale Gualtiero Bassetti: “Cerchiamo i segni dei tempi nelle parole e nella testimonianza offerta dalla storia di ciascuno. Esperienze che contribuiscono a rendere viva e preziosa l’esperienza della comunione”.

 

Difendere la sacralità della vita umana

C’è ancora Giorgio La Pira nel ricordo del cardinale Bassetti quando ricorda al Papa il suo essere precursore dello spirito ecumenico che va vissuto nel Mediterraneo. Nell’appartenenza alla comune radice di Abramo “i popoli dei Paesi rivieraschi condividono una visione della vita e dell’uomo che, nonostante le differenze, è aperta ai valori della trascendenza”, ha ricordato il presidente della Cei. L’assemblea fortemente voluta da Papa Francesco ha voluto, secondo il pensiero di Bassetti, quasi celebrare la sacralità della vita umana “ma anche la sua intangibilità”. Per questo “il metodo sinodale che ha caratterizzato i lavori” segna l’avvio di un processo tutto nuovo per la Chiesa e “che richiede da parte di ciascuno una nuova disponibilità a coinvolgersi con un cuore grande”.

La sofferenza dei popoli e delle Chiese

Entra nel concreto il presidente della Conferenza Episcopale della Bosnia-Erzegovina Vinko Puljić quando riassume lo sforzo di questi giorni nell’aver cercato strumenti di “mobilità, uguaglianza e libertà religiosa in tutti i Paesi del nostro Mediterraneo”, ha detto rivolgendosi al Santo Padre. I vescovi si sono quindi fatti “voce del dolore e della sofferenza delle nostre Chiese e dei nostri popoli a causa delle ferite causate in gran parte dai Paesi ricchi”. Ferite che portano al dramma della partenza di tanti giovani: “Siamo tuttavia confortati da quei ragazzi che restano - ha proseguito Puljić - mostrando un coraggio straordinario e un amore grande per il Paese e le persone con cui sono cresciuti”. Questi segni danno forza ai vescovi di questi Paesi che, in questo modo, diventano strenui sostenitori del dialogo. Così le loro testimonianze hanno raggiunto “cuori disposti ad ascoltare, pensare con noi e cercare insieme modi di cooperazione e sostegno. Abbiamo bisogno di sentirci accompagnati e di essere sostenuti rispetto ai potenti, ai quali chiediamo di lavorare di più per costruire la pace, il dialogo e la cooperazione”.

 

Ascoltare il grido di dolore del Mediterraneo

 “Abbiamo ascoltato il grido che viene dai territori della sponda sud del Mare Nostrum; ci siamo scambiati esperienze e proposte e, infine, ci siamo dati alcune prospettive”, ha ribadito monsignor Pizzaballa, riassumendo in tre punti i risultati dell’incontro di Bari. “Il destino di intere popolazioni è asservito all’interesse di pochi, causando violenze funzionali a modelli di sviluppo creati e sostenuti in gran parte dall’Occidente. Nel passato anche le Chiese sono state funzionali a tale modello, e per questo oggi chiediamo perdono”. Ma il racconto dei vescovi ha consegnato Chiese che non vogliono arrendersi vivendo la fede e la testimonianza cristiana. E che si sono impegnati a istituire comitati interreligiosi “soprattutto con i credenti musulmani per realizzare insieme opere di solidarietà. Vogliamo diventare un’unica voce profetica di verità e libertà”. Realizzare dunque una vera accoglienza è la strada da perseguire “innanzitutto tra noi. Vogliamo farci carico delle contraddizioni di quest’area, imparando e insegnando a viverla con speranza cristiana. Per questo abbiamo deciso di continuare a incontrarci stabilmente, per poter costruire un percorso comune dove far crescere nei nostri contesti feriti una cultura di pace e comunione”. VATICAN NEWS

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