Libertà, tolleranza, comprensione
L'editto di Cosantino (313) recita: «...Quando noi, Costantino Augusto e Licinio Augusto, felicemente ci incontrammo nei pressi di Milano e discutemmo di tutto ciò che attiene al bene pubblico e alla pubblica sicurezza, questo era quello che ci sembrava di maggior giovamento alla popolazione, soprattutto che si dovessero regolare le cose concernenti il culto della divinità, e di concedere anche ai cristiani, come a tutti, la libertà di seguire la religione preferita, affinché qualsivoglia sia la divinità celeste possa esser benevola e propizia nei nostri confronti e in quelli di tutti i nostri sudditi. Ritenemmo pertanto con questa salutare decisione e corretto giudizio, che non si debba vietare a chicchessia la libera facoltà di aderire, vuoi alla fede dei cristiani, vuoi a quella religione che ciascheduno reputi la più adatta a se stesso. Così che la somma divinità, il cui culto osserviamo in piena libertà, possa darci completamente il suo favore e la sua benevolenza. Perciò è opportuno che si sappia..., che, abolite del tutto le precedenti disposizioni imperiali concernenti i cristiani, ora, invece, in assoluta tranquillità, tutti coloro che vogliano osservare la religione cristiana possano farlo senza alcun timore o pericolo di molestie... ».
Un editto da ammirare, che sanciva il diritto di non fare violenza alla propria coscienza per ottemperare alle leggi dello stato. Un editto di libertà che la mostra in corso a Milano: Costantino, l'editto di Milano e il tempo della tolleranza qualifica invece, lo sottolineo, di tolleranza. Se si tollera vuole dire che si parte dal principio di essere nel giusto ma di tollerare opinioni diverse, non di mettere tutte le opinioni su un piano di parità (Non è un caso che circa settant'anni dopo l'editto di Costantino, Teodosio, nel 392 proclamerà la religione cristiana religione di stato, proibendo qualsiasi altro culto, chiudendo i templi e mandando a morte chi avesse perseverato ad onorare gli dei).
Ogni giorno sappiamo di innumerevoli persone massacrate e che uccidono in nome della propria religione che ognuno ritiene l'unica e vera.
E Francesco? Ad un confratello che gli aveva chiesto perché «raccogliesse con tanta premura perfino gli scritti dei pagani e quelli che certamente non contenevano il nome di Dio», Francesco aveva risposto, secondo Tommaso da Celano: «Figlio mio, perché qui sono le lettere con cui si compone il nome di Dio gloriosissimo. D'altronde, il bene che qui si trova non appartiene ai pagani o ad altri uomini, appartiene soltanto a Dio, fonte di qualsiasi bene!» Dunque, anche fra i pagani si trova il bene e le lodi a Dio devono provenire non dai soli cristiani ma da tutti (ab universo populo) e diffondersi in tutto il mondo (per totam terram!).