religione

Il Papa saluta l'Armenia: il viaggio di ritorno

Redazione online
Pubblicato il 30-11--0001

auguro a questo popolo la giustizia e la pace. E prego per questo, perché è un popolo coraggioso

A conclusione del viaggio in Armenia, il Papa - com'è tradizione durante il volo di ritorno - si è intrattenuto a colloquio con i giornalisti rispondendo alle loro domande. Pubblichiamo di seguito un'ampia sintesi del testo di questo dialogo secondo una nostra trascrizione di lavoro:

Padre Lombardi:

Santo Padre, grazie mille di essere qui al termine di questo viaggio abbastanza breve ma molto intenso. Siamo stati contenti di accompagnarla e adesso vogliamo farle ancora, come al solito, un poco di domande. Noi abbiamo una lista di persone che sono qui iscritte a parlare e possiamo incominciare, come al solito, con i colleghi dell’Armenia, perché diamo a loro la priorità. Il primo è Arthur Grygorian, della Televisione pubblica armena:

Papa Francesco:

Buona sera e vi ringrazio tanto per l’aiuto in questo viaggio e per tutto il vostro lavoro che fa bene alla gente: comunicare bene le cose sono buone notizie, e le buone notizie fanno bene sempre. Grazie tante. Grazie.

Arthur Grygorian, "Televisione pubblica armena":

(in inglese) Santo Padre, è risaputo che lei abbia amici armeni. Lei aveva già contatti con le comunità armene in Argentina. Nel corso degli ultimi tre giorni, lei – per così dire – è arrivato a toccare lo spirito armeno. Quali sono i suoi sentimenti, le sue impressioni e qual è il messaggio per il futuro, le sue preghiere per noi armeni?

Papa Francesco:

Bè, pensiamo per il futuro e poi andiamo al passato. Io auguro a questo popolo la giustizia e la pace. E prego per questo, perché è un popolo coraggioso. E prego perché trovi la giustizia e la pace. Io so che tanti lavorano per questo e anche io sono stato molto contento, la settimana scorsa, quando ho visto una fotografia del presidente Putin con i due presidenti armeno e azero: almeno parlano. E anche con la Turchia: il presidente della Repubblica nel suo discorso di benvenuto ha parlato chiaro. Ha avuto il coraggio di dire “mettiamoci d’accordo, perdoniamoci e guardiamo al futuro”. Ma questo è un coraggio grande! Un popolo che ha sofferto tanto, no? L’icona del popolo armeno – e questo è venuto oggi mentre pregavo un po’ – una vita di pietra e una tenerezza di madre. Ha portato croci, ma croci di pietra – anche si vedono, eh? – ma non ha perso la tenerezza, l’arte, la musica, quei quarti di tono tanto difficili da capire, e con grande  genialità … Un popolo che ha sofferto tanto nella sua storia e soltanto la fede, la fede lo ha mantenuto in piedi. Perché, il fatto che sia stata la prima Nazione cristiana, questo non è sufficiente: è stata la prima Nazione cristiana perché il Signore l’ha benedetta, perché ha avuto i Santi, ha avuto vescovi santi, martiri … E per questo ha fatto nella resistenza quella pelle di pietra – diciamola così – ma non ha perso la tenerezza di un cuore materno; e l’Armenia è anche madre. Questa è la seconda domanda. E andiamo alla prima, adesso. Sì, io avevo tanti contatti con gli armeni; andavo spesso da loro alle Messe, tanti amici armeni, ho una cosa che di solito non mi piace fare per riposo, ma andavo a cena con loro e voi fate cene pesanti, eh? Ma molto amico, molto amico sia dell’arcivescovo Kissag Mouradian, della Chiesa armena apostolica, e Boghossian, il cattolico. Ma fra voi, più importante dell’appartenenza alla Chiesa apostolica o alla Chiesa cattolica è l’armenità e questo io l’ho capito in quei tempi. Oggi mi ha salutato un argentino di famiglia armena che, quando andavo alle Messe, sempre l’arcivescovo lo faceva sedere accanto a me perché mi spiegasse alcune cerimonie o alcune parole che io non capivo. Uno, due, tre … ma, incomincia da tre …

Padre Lombardi:

Adesso diamo la parola a un’altra rappresentante armena che è la signora Jeanine Paloulian, di “Nouvelles d’Armenie”:

Jeanine Paloulian, “Nouvelles d’Armenie”:

(in francese) Grazie, Santo Padre. Ieri sera, all’incontro ecumenico di preghiera, Lei ha chiesto ai giovani di essere artefici della riconciliazione con la Turchia e con l’Azerbaigian. Vorrei chiederle semplicemente – visto che tra qualche settimana lei andrà in Azerbaigian – cosa lei, cosa la Santa Sede può fare concretamente per aiutarci, per aiutarci a procedere. Quali sono i segni concreti. Lei ne ha fatti in Armenia: quali sono i segni che lei darà, domani, in Azerbaigian?

Papa Francesco:

Io parlerò agli azeri della verità, di quello che ho visto, di quello che sento. E anche, li incoraggerò. Io ho incontrato il presidente azero e ho parlato con lui. E dirò anche che non fare la pace per un pezzettino di terra – perché non è una gran cosa – significa qualcosa di oscuro, no? Ma lo dico a tutti, questo: agli armeni, agli azeri. Forse non si mettono d’accordo sulle modalità di fare la pace e su questo si deve lavorare. Ma di più non so cosa dire. Dirò quello che al momento mi viene nel cuore, ma sempre in positivo, cercando di trovare soluzioni che siano percorribili, che vadano avanti.

Padre Lombardi:

Diamo la parola a Jean-Louis de la Vaissière, di “France Presse” che credo che sia l’ultimo viaggio che fa con noi …

Jean-Louis de la Vaissière, "France Presse" :

Santo Padre, prima di tutto vorrei ringraziarla da parte mia e da parte di Sébastien Maillard de “La Croix”: noi andiamo via da Roma e volevamo di cuore ringraziare per questo soffio di primavera che soffia sulla Chiesa. Poi, avevo una domanda: perché lei ha deciso di aggiungere apertamente la parola “genocidio” nel suo discorso al Palazzo presidenziale? Su un tema doloroso come questo, pensa che sia utile per la pace in questa regione complicata?

Papa Francesco:

Grazie. In Argentina, quando si parlava dello sterminio armeno, sempre si usava la parola “genocidio”. Io non ne conoscevo un’altra. E alla cattedrale di Buenos Aires, sul terzo altare a sinistra abbiamo messo una croce di pietra ricordando “il genocidio armeno”. E’ venuto l’arcivescovo – i due arcivescovi armeni, il cattolico e l’apostolico, l’hanno inaugurata … Anche, l’arcivescovo apostolico nella chiesa cattolica di San Bartolomeo ha fatto un altare in memoria di San Bartolomeo … Ma io non conoscevo un’altra parola. Io vengo con questa parola. Quando arrivo a Roma, sento l’altra parola, “Il Grande Male” o “la tragedia terribile”, ma in armeno, che non so dirla. E mi dicono che no, che quella è offensiva, quella del “genocidio”, che si deve dire questa. Io sempre ho parlato dei tre genocidi del secolo scorso. Il primo, l’armeno, poi quello di Hitler e l’ultimo, quello di Stalin. I tre. Ci sono piccoli, c’è un altro in Africa [Rwanda], ma nell’orbita delle due grandi guerre, sono questi tre. E ho domandato perché. Dice: “Ma, alcuni sentono che non è vero, che non è stato un genocidio”; un altro mi diceva, un legale mi ha detto questo, che mi ha interessato tanto: “La parola genocidio è una parola tecnica, è una parola che ha una tecnicità, che non è sinonimo di sterminio. Si può dire sterminio, ma dichiarare un genocidio comporta azioni di riparazioni …”. Questo mi ha detto un legale. L’anno scorso, quando preparavo il discorso, ho visto che San Giovanni Paolo II ha usato la parola: ha usato tutte e due, “il Grande Male” e “genocidio”. E io ho citato tra virgolette quella. E non è caduto bene, è stata fatta una dichiarazione del governo turco, la Turchia in pochi giorni ha richiamato ad Ankara l’ambasciatore – che è un bravo uomo, un ambasciatore "di lusso", ci ha inviato la Turchia! – è tornato due-tre mesi fa. Un "digiuno ambasciatoriale", ma ha il diritto: il diritto alla protesta l’abbiamo tutti, no? E in questo discorso, all’inizio non c’era la parola: quello è vero. Rispondo perché io ho aggiunto. Ma dopo aver sentito il tono del discorso del presidente e anche con il mio passato con questa parola e aver detto questa parola l’anno scorso a San Pietro, pubblicamente, sarebbe suonato molto strano non dire lo stesso, almeno. Ma lì io volevo sottolineare un’altra cosa, e credo di aver detto: “In questo genocidio, come negli altri due, le grandi potenze internazionali guardavano da un’altra parte”. E questa è stata l’accusa. Nella Seconda Guerra Mondiale, alcune potenze avevano le fotografie delle ferrovie che portavano a Auschwitz: avrebbero avuto la possibilità di bombardare, e non l’hanno fatto. Un esempio: nel contesto della Prima Guerra, dove c’è stato il problema degli armeni, e nel contesto della Seconda Guerra, dove c’è stato il problema di Hitler e Stalin e dopo Yalta i lager e tutto quello, nessuno parla? Si deve sottolineare questo e fare la domanda storica: perché non avete fatto questo? Voi potenze – non accuso, faccio una domanda … E’ curioso: si guardava, sì, alla guerra, a tante cose, ma quel popolo … E non so se è vero, ma mi piacerebbe vedere se è vero, che quando Hitler perseguitava tanto gli ebrei, una delle cose che lui avrebbe detto è: “Ma, chi si ricorda oggi degli armeni? Facciamo lo stesso con gli ebrei!”. Non so se è vero, forse è una diceria, ma io ho sentito dire questo. Gli storici cerchino e vedano se è vero. Credo di aver risposto. Ma questa parola mai io l’ho detta con animo offensivo, piuttosto oggettivamente.

Padre Lombardi:

Grazie mille, Santità. Ha toccato un argomento delicato, con grande sincerità e profondità. Adesso diamo la parola a Elisabetta Piqué che, come lei sa, è dell’Argentina, de “La Nación” …

Elisabetta Piqué, “La Nación”:

(in spagnolo) Complimenti, prima di tutto, per il viaggio. Vorrei chiederle: sappiamo che lei è il Papa, ma c’è anche Papa Benedetto, il Papa emerito. Ultimamente c’erano delle voci, una dichiarazione del prefetto della Casa Pontificia, mons. Georg Gänswein, che avrebbe detto che ci sarebbe un Ministero petrino condiviso, con un Papa attivo e un altro contemplativo. Ci sono due Papi, dunque?

Papa Francesco:

(in spagnolo) C’è stata un’epoca nella Chiesa in cui ce ne sono stati tre! In un tempo, nella Chiesa, ce n’erano tre! [ride] Io non ho letto quella dichiarazione perché non ho avuto tempo … Benedetto è Papa emerito. Lui ha detto chiaramente, quell’11 febbraio, che dava le sue dimissioni a partire dal 28 febbraio, che si sarebbe ritirato per aiutare la Chiesa con la preghiera. E Benedetto è nel monastero, pregando. Io sono andato a trovarlo tante volte o al telefono … L’altro giorno mi ha scritto una letterina, ancora firma con quella firma sua, dandomi gli auguri per questo viaggio … E una volta – non una volta: parecchie volte – ho detto che è una grazia avere a casa il nonno saggio. Anche di persona gliel’ho detto e lui ride. Ma lui per me è il Papa emerito, è il nonno saggio, è l’uomo che mi custodisce le spalle e la schiena con la sua preghiera. Mai dimentico quel discorso che ci ha fatto, ai cardinali, il 28 febbraio: “Fra voi sicuro che sarà il mio successore. Prometto obbedienza” e lo ha fatto. Poi ho sentito – ma non so se è vero questo, eh? – sottolineo: ho sentito, forse saranno dicerie, ma vanno bene con il suo carattere, che alcuni sono andati lì a lamentarsi perché questo nuovo Papa … e li ha cacciati via, eh? Con il migliore stile bavarese: educato, ma li ha cacciati via. E se non è vero, è ben trovato, perché quest’uomo è così: è un uomo di parola, un uomo retto, retto, retto, eh?, il Papa emerito. Poi, non so se lei si ricorda, che io ho ringraziato pubblicamente – non so quando, ma credo che su un volo – Benedetto per aver aperto la porta ai Papi emeriti. 70 anni fa i vescovi emeriti non esistevano; oggi ce ne sono. Ma con questo allungamento della vita si può reggere una Chiesa a una certa età con acciacchi o no? E lui, con coraggio – con coraggio! – e con preghiera, e anche con scienza, con teologia, ha deciso di aprire questa porta. E credo che questo sia buono per la Chiesa. Ma c’è un solo Papa … Forse saranno come i vescovi emeriti: non dico tanti, ma forse potranno essercene due o tre … saranno emeriti. Sono stati Papa, ora sono emeriti. Dopodomani si celebra il 65.mo anniversario della sua ordinazione sacerdotale. Ci sarà il suo fratello Giorgio, perché tutti e due sono stati ordinati insieme. E ci sarà un piccolo atto, lì, con i capi dicastero e poca gente, perché lui preferisce così … ha accettato ma molto modestamente e anche ci sarò io. E io dirò qualche cosa a questo grande uomo di preghiera, di coraggio, che è il Papa emerito, non il secondo Papa, che è fedele alla sua parola e che è un uomo di Dio. E’ molto intelligente, e per me è il nonno saggio a casa.

Padre Lombardi:

Adesso diamo la parola ad Alexej  Bukalov, che è uno dei nostri decani e che – come lei ben sa – rappresenta Itar-Tass e quindi la cultura russa fra noi.

Bukalov, "Itar-Tass":

Grazie Santità! Grazie per questo viaggio, che è il primo viaggio sul territorio ex-sovietico. Per me era molto importante seguirlo… La mia domanda va un po’ fuori da questo argomento: io so che lei ha incoraggiato molto questo Concilio Panortodosso, addirittura all’incontro con il Patriarca Kirill a Cuba è stato menzionato come auspicio. Adesso lei che giudizio ha su questo forum?

Papa Francesco:

Un giudizio positivo! È stato fatto un passo avanti: non con il cento per cento, ma un passo avanti. Le cose che hanno giustificato – fra virgolette – sono sincere per loro, sono cose che con il tempo si possono risolvere. Volevano – questi quattro che non sono andati – farlo un po’ più avanti. Ma credo che il primo passo si fa come si può. Come i bambini, quando fanno il primo passo lo fanno come possono: il primo lo fanno come i gatti e poi fanno i primi passi. Io sono contento. Hanno parlato di tante cose. Credo che il risultato sia positivo. Il solo fatto che queste Chiese autocefale si siano riunite, in nome dell’ortodossia, per guardarsi in faccia, per pregare insieme e parlare e forse dire qualche battuta, ma quello è positivissimo. Io ringrazio il Signore. Al prossimo saranno di più. Benedetto sia il Signore!

Padre Lombardi:

Adesso passiamo il microfono ad Edward Pentin, del National Catholic Register.

Edward Pentin, "National Catholic Register":

Santo Padre, come Giovanni Paolo II, lei sembra essere un sostenitore dell’Unione Europea: ha elogiato il progetto europeo quando recentemente ha vinto il Premio Carlo Magno. Lei è preoccupato del fatto che la Brexit potrebbe portare alla disintegrazione dell’Europa ed eventualmente alla guerra?

Papa Francesco:

La guerra già c’è in Europa! Poi c’è un’aria di divisione e non solo in Europa, ma negli stessi Paesi. Si ricordi della Catalogna, l’anno scorso la Scozia… Queste divisioni non dico che siano pericolose, ma dobbiamo studiarle bene e prima di fare un passo avanti per una divisione, parlare bene fra di noi e cercare soluzioni viabili. Io davvero non so, non ho studiato quali siano i motivi perché il Regno Unito abbia voluto prendere questa decisione. Ma ci sono decisioni – e credo che questo lo ho già detto una volta ... - di indipendenza che si fanno per emancipazione: per esempio tutti i nostri Paesi latinoamericani, anche i Paesi dell’Africa, si sono emancipati delle corone di Madrid, di Lisbona; anche in Africa da Parigi, Londra, Amsterdam, Indonesia soprattutto… L’emancipazione è più comprensibile, perché c’è dietro una cultura, un modo di pensare. Invece la secessione di un Paese – ancora non sto parlando della Brexit – e pensiamo alla Scozia, è una cosa che ha dato il nome – e questo lo dico senza offendere, usando quella parola che i politici usano – di “balcanizzazione”, senza sparlare dei Balcani, eh! E’ un po’ una secessione, non è emancipazione e dietro ci sono storie, culture, malintesi; anche tanta buona volontà in altri. Questo bisogna averlo chiaro. Per me sempre l’unità è superiore al conflitto: sempre! Ma ci sono diverse maniere di unità e anche la fratellanza – e qui arrivo all’Unione Europea – è migliore della inimicizia o delle distanze. Delle distanze – diciamo – la fratellanza è migliore. E i ponti sono migliori dei muri. Tutto questo ci deve far riflettere. E’ vero un Paese: “Ma io sono nell’Unione Europea, voglio avere certe cose che sono mie, della mia cultura” e il passo – e qui vengo al Premio Carlo Magno – che deve dare l’Unione Europea per ritrovare la forza che ha avuto nelle sue radici è un passo di creatività e anche di “sana disunione”: cioè dare più indipendenza, dare più libertà ai Paesi dell’Unione. Pensare un’altra forma di unione: essere creativi. E creativi nei posti di lavoro, nell’economia. C’è un’economia liquida oggi in Europa che fa – per esempio in Italia – che la gioventù dai 25 anni in giù non abbia lavoro: il 40 per cento! C’è qualcosa che non va in quell’Unione "massiccia", ma non buttiamo il bambino con l’acqua sporca dalla finestra… Cerchiamo di riscattare le cose e ri-creare, perché la ri-creazione delle cose umane – anche della nostra personalità – è un percorso e sempre si deve fare. Un adolescente non è lo stesso che una persona adulta o di una persona anziana: è lo stesso e non è lo stesso, si ri-crea continuamente. E questo gli dà vita e voglia di vivere e dà fecondità. E questo lo sottolineo: oggi la parola, le due parole chiave per l’Unione Europea sono creatività e fecondità. E’ la sfida.

Padre Lombardi:

Diamo la parola a Tilmann Kleinjung della Radio tedesca ADR, che è la radio nazionale tedesca, e anche per lui credo che sia l’ultimo viaggio e quindi siamo lieti di dargli questa possibilità.

Tilmann Kleinjung, "Radio tedesca Adr":

Io volevo farle una domanda: lei oggi ha parlato dei doni condivisi delle Chiese, insieme. Visto che lei andrà – fra quattro mesi – a Lund per commemorare il 500.mo anniversario della Riforma. Io penso che forse questo è il momento giusto anche per non ricordare solo le ferite da entrambe le parti, ma anche per riconoscere i doni della Riforma e forse anche – e questa è una domanda "eretica" – per annullare o ritirare la scomunica di Martin Lutero o di una qualsiasi riabilitazione. Grazie.

Papa Francesco:

Io credo che le intenzioni di Martin Lutero non fossero sbagliate: era un riformatore, forse alcuni metodi non erano giusti, ma in quel tempo, se leggiamo la storia del Pastor, per esempio, - un tedesco luterano che poi  si è convertito quando ha visto la realtà di quel tempo e si è fatto cattolico - vediamo che la Chiesa non era proprio un modello da imitare: c’era corruzione nella Chiesa, c’erano mondanità, c’era attaccamento ai soldi e al potere. E per questo lui ha protestato. Poi era intelligente e ha fatto un passo avanti giustificando il perché faceva questo. E  oggi luterani e cattolici, protestanti e tutti, siamo d’accordo sulla Dottrina della Giustificazione: su questo punto tanto importante lui non aveva sbagliato. Lui ha fatto una medicina per la Chiesa, poi questa medicina si è consolidata in uno stato di cose, in una disciplina, in un modo di credere, in un modo di fare, in modo liturgico. Ma non era lui solo: c’era Zwingli, c’era Calvino e dietro di loro chi c’erano? I prìncipi, “cuius regio eius religio”. Dobbiamo metterci nella storia di quel tempo: è una storia non facile da capire. Non facile. Poi sono andate avanti le cose. Oggi il dialogo è molto buono e quel documento sulla Giustificazione credo che sia uno dei documenti ecumenici più ricchi, più ricchi e più profondi. Ci sono divisioni, ma dipendono anche dalle Chiese. A Buenos Aires c’erano due chiese luterane: una pensava in un modo e l’altra in un altro, anche nella stessa Chiesa luterana non c’è unità. Si rispettano, si amano … La diversità è quello che forse ci ha fatto tanto male a tutti e oggi cerchiamo di riprendere la strada per incontrarci dopo 500 anni. Io credo che dobbiamo pregare insieme: pregare! Per questo la preghiera è importante. Secondo: lavorare per i poveri, per i perseguitati, per tanta gente che soffre, per i profughi. Lavorare insieme e pregare insieme. E che i teologi studino insieme, cercando … Ma questa è una strada lunga, lunghissima. Una volta ho detto scherzando: “Io so quando sarà il giorno dell’unità piena” – “Quale?” – “Il giorno dopo la venuta del Figlio dell’Uomo! Perché non si sa… Lo Spirito Santo farà questa grazia. Ma nel frattempo pregare, amarci e lavorare insieme, soprattutto per i poveri, per la gente che soffre, per la pace e tante altre cose, contro lo sfruttamento della gente… Tante cose per le quali si sta lavorando congiuntamente.

Padre Lombardi:

Adesso diamo la parola a Cécile Chambraud, di Le Monde, che rappresenta ancora la lingua francese.

Cècile Chambraud, "Le Monde"

(In spagnolo) Santo Padre, qualche settimana fa, lei ha parlato di una Commissione per riflettere sulla tematica delle donne diaconesse. Vorrei sapere se già esiste questa Commissione e quali saranno le domande sulle quali rifletterà per essere risolte? E, infine, a volte una Commissione serve per dimenticarsi dei problemi: vorrei sapere se questo è il caso?

Papa Francesco:

C’era un presidente dell’Argentina che diceva e consigliava agli altri presidenti degli altri Paesi: "Quando tu vuoi che una cosa non si risolva, fai una commissione!". Il primo ad essere sorpreso da questa notizia sono stato io, perché il dialogo con le religiose, che è stato registrato e poi pubblicato su “L’Osservatore Romano” era un’altra cosa, su questa linea ma… “Noi abbiamo sentito che nei primi secoli c’erano la diaconesse. Si potrà studiare questo? Fare una commissione?”. Niente di più hanno chiesto: sono state educate e non solo educate, ma anche amanti della Chiesa. Donne consacrate. Io ho raccontato che conoscevo un siriano, un teologo siriano che è morto, quello che ha fatto l’edizione critica di Sant'Efrem in italiano. Una volta, parlando delle diaconesse – quando io venivo, alloggiavo in Via della Scrofa e lui abitava lì – a colazione, mi ha detto: “Sì, ma non si sa bene cosa erano, se avessero l’ordinazione”. Certamente c’erano queste donne che aiutavano il vescovo e aiutavano in tre cose: la prima, nel Battesimo delle donne, perché c’è il Battesimo di immersione; la seconda, nelle unzioni pre e post battesimali delle donne; e la terza - questo fa ridere – quando c’era la  moglie che andava dal vescovo a lamentarsi perché il marito la picchiava: il vescovo chiamava una di queste diaconesse, la quale vedeva il corpo della donna per trovare lividi che provassero queste cose. Ho detto questo, si: “Ma si può studiare? Sì, io dirò alla Dottrina della Fede che si faccia questa Commissione”. Il giorno dopo: “La Chiesa apre la porta alle diaconesse!”. Davvero? Mi sono un po’ arrabbiato con i media, perché questo è non dire la verità delle cose alla gente. Ho parlato con il prefetto della Dottrina della Fede, che mi ha detto: “Guardi che c’è uno studio che ha fatto la Commissione teologica internazionale negli anni Ottanta. Poi ho parlato con la presidente e le ho detto: “Per favore, mi fa arrivare una lista di gente che lei crede che si possa prendere per fare questa Commissione”. E mi ha inviato la lista, anche il prefetto mi ha inviato la lista e adesso è lì sulla mia scrivania, per fare questa Commissione. Io credo che si sia studiato tanto sul tema negli anni Ottanta e non sarà difficile far luce su questo argomento. Ma c’è un’altra cosa: un anno e mezzo fa, io ho fatto una commissione di donne teologhe che hanno lavorato con il cardinal Rylko e hanno fatto un bel lavoro, perché è molto importante il pensiero della donna. Per me la funzione della donna non è tanto importante quanto il pensiero della donna: la donna pensa in un altro modo rispetto a noi, gli uomini. E non si può prendere una buona decisione buona e giusta senza sentire le donne. Alcune volte, a Buenos Aires, facevo una consulta con i miei consultori e li sentivo su un tema: poi facevo venire alcune donne e loro vedevano le cose con un’altra luce e questo arricchiva tanto, tanto. E poi la decisione era molto, molto, molto feconda, molto bella. Io devo incontrare queste donne teologhe, che hanno fatto un buon lavoro, che si è però fermato: perché? Perché il dicastero per i laici cambia adesso. Si rifà e io aspetto un po’ che si faccia per continuare questo secondo lavoro, quello della diaconessa. Un’altra cosa: le donne teologhe - è questo io vorrei sottolinearlo – è più importante il modo di capire, di pensare, di vedere le cose delle donne che la funzionalità della donna. E poi ripeto quello di sempre: la Chiesa è donna ... e non è una donna zitella, è una donna sposata con il Figlio di Dio, il suo Sposo è Gesù Cristo. Pensi su questo e poi mi dice cosa pensa…

Padre Lombardi:

Allora dato che ha parlato delle donne, facciamo fare un’ultima domanda ad una donna; poi, dopo, gliene faccio una io e concludiamo…. Così dopo un’ora la lasciamo in pace. Cindy Wooden, che è responsabile di Cns, che è l’Agenzia cattolica degli Stati Uniti.

Cindy Wooden, "Cns":

Grazie Santità. Nei giorni scorsi, il cardinale tedesco Marx, parlando ad una grande conferenza molto importante a Dublino, sulla Chiesa nel mondo moderno, ha detto che la Chiesa cattolica deve chiedere scusa alla comunità gay per aver marginalizzato queste persone. Nei giorni successivi alla strada di Orlando, tanti hanno detto che la Comunità cristiana ha qualcosa a che fare con questo odio verso queste persone: cosa pensa lei?

Papa Francesco:

Io ripeterò lo stesso che ho detto nel primo viaggio e anche ripeto quello che dice il Catechismo della Chiesa Cattolica: che non vanno discriminati, che devono essere rispettati, accompagnati pastoralmente. Si possono condannare, non per motivi ideologici, ma per motivi – diciamo - di comportamento politico, certe manifestazioni un po’ troppo offensive per gli altri. Ma queste cose non c’entrano nel problema: se il problema è una persona che ha quella condizione, che ha buona volontà e che cerca Dio, chi siamo noi per giudicarla? Dobbiamo accompagnare bene, secondo quello che dice il Catechismo. E’ chiaro il Catechismo! Poi ci sono tradizioni in alcuni Paesi, in alcune culture che hanno una mentalità diversa su questo problema. Io credo che la Chiesa non solo debba chiedere scusa – come ha detto quel cardinale “marxista”… (ride) – a questa persona che è gay, che ha offeso, ma deve chiedere scusa ai poveri anche, alle donne e ai bambini sfruttati nel lavoro; deve chiedere scusa di aver benedetto tante armi. La Chiesa deve chiedere scusa di non essersi comportata tante, tante volte – e quando dico “Chiesa” intendo i cristiani; la Chiesa è santa, i peccatori siamo noi! – i cristiani devono chiedere scusa di  aver accompagnato tante scelte, tante famiglie. Io ricordo da bambino la cultura di Buenos Aires, la cultura cattolica chiusa: io vengono da là… Da una famiglia divorziata non si poteva entrare in casa: sto parlando di 80 anni fa. La cultura è cambiata e grazie a Dio, come cristiani, dobbiamo chiedere tante scuse, non solo su questo: perdono e non solo scuse! “Perdono Signore!”, è una parola che dimentichiamo. Adesso faccio il pastore e faccio il sermone. … No, questo è vero! Tante volte il “prete padrone” e non il “prete padre”: il prete che bastona e non il prete che abbraccia, perdona, consola. Ma ce ne sono tanti, tanti cappellani di ospedali, cappellani dei carcerati: tanti santi, eh! Ma questi non si vedono, perché la santità è “pudorosa” [ha pudore], si nasconde. Invece è un po’ sfacciata la spudoratezza: è sfacciata e si fa vedere. Tante organizzazioni, con gente buona e gente non tanto buona: o gente alla quale tu dai una “borsa” un po’ grossa e guarda dall’altra parte, come le potenze internazionali con i tre genocidi. Anche noi cristiani – preti, vescovi – lo abbiamo fatto questo: ma noi cristiani abbiamo anche una Teresa di Calcutta e tante Terese di Calcutta; abbiamo tante suore in Africa, tanti laici, tanti matrimoni santi. Il grano e la zizzania; il grano e la zizzania… non dobbiamo scandalizzarci di essere così. Dobbiamo pregare perché il Signore faccia in modo che questa zizzania finisca e che ci sia più grano. Ma questa è la vita della Chiesa. Non si può porre un limite. Tutti noi siamo santi, perché tutti noi abbiamo lo Spirito Santo dentro, ma siamo – tutti noi – peccatori. Io per primo. D’accordo? Grazie. Non so se ho risposto… Non solo scusa, ma perdono!

Padre Lombardi:

Santo Padre, mi permetto di fare io un’ultima domanda e poi la lasciamo andare in pace ... Riguarda il prossimo viaggio in Polonia, a cui stiamo già cominciando a prepararci. E lei vi dedicherà la preparazione questa mese di luglio. Se ci dice qualcosa sui sentimenti con cui va verso questa Giornata mondiale della Gioventù, in questo Giubileo della Misericordia. E un altro punto, un po’ specifico, è questo: noi abbiamo visitato con lei il Memoriale di Tzitzernak, durante la visita in Armenia e lei visiterà anche Auschwitz e Birkenau, durante il viaggio in Polonia. Io ho sentito che lei desidera vivere questi momenti più col silenzio che con le parole, sia come ha fatto qui, forse anche a Birkenau. Quindi volevo chiederle se ci voleva dire se avrebbe fatto lì un discorso o se preferiva, invece, fare un momento di preghiera silenziosa con una sua motivazione specifica...

Papa Francesco:

Due anni fa, a Redipuglia ho fatto lo stesso per commemorare il centenario della Grande Guerra. A Redipuglia sono andato in silenzio. Poi c’era la Messa e alla Messa ho fatto la predica, ma era un’altra cosa… Il silenzio ... Io vorrei andare in quel posto di orrore senza discorsi, senza gente, soltanto i pochi necessari… Ma i giornalisti sicuro che ci saranno… Ma senza salutare questo, questo… No, no! Da solo, entrare, pregare e che il Signore mi dia la grazia di piangere...

Padre Lombardi:

Grazie Santità. Allora la accompagneremo anche nella preparazione di questo prossimo viaggio e la ringraziamo tantissimo per il tempo che ci ha dedicato…Adesso si riposi un po' ... e si riposi anche nel mese di luglio.

Papa Francesco:

Grazie tante! Di nuovo: grazie, grazie anche per il vostro lavoro e per la vostra benevolenza. (Radio Vaticana)

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