fede

MARIA CREATURA SEMPLICE CHIAMATA A ESSERE MADRE QUANDO MARIA DISSE "IO SONO L'IMMACOLATA CONCEZIONE"

Fra Roberto Tamanti
Pubblicato il 07-12-2018

Ecco la forza del mistero di Maria Madre di tenerezza, di dolcezza, di accoglienza

Probabilmente non ci viene molto spontaneo pensare, parlare o rivolgerci a Maria come Immacolata. In genere si pensa a lei come Madre (giustamente, è Madre di Gesù, Madre della Chiesa, di tutti noi), come Vergine. Anche nelle Litanie lauretane si trova tante volte il titolo Regina, per esempio, ma è quasi assente il titolo Immacolata. Potremmo chiederci: perché? Eppure pensare e guardare a Maria come la tutta bella, la tutta santa, la pienezza di santità e di bene, fa parte dell’intuito del popolo cristiano da sempre.

La risposta potrebbe essere nel fatto che l’Immacolata ci mette davanti la natura di Maria, la sua identità, il suo essere più profondo, non semplicemente un attributo della sua persona. Lei è l’Immacolata, così si è anche presentata quando Bernadette, a Lourdes, le ha chiesto: chi sei tu? La stessa domanda che rivolgeva a lei s. Massimiliano Kolbe: chi sei tu o Immacolata? Volendo intendere: qual è il mistero profondo e inafferrabile della tua persona?

Sì, perché Immacolata, in senso privativo, significa senza: senza macchia, senza peccato, senza ciò che rende la persona umana ferita dal peccato originale e dalle sue conseguenze. Ma questa è solo una parte della verità contenuta nel termine Immacolata. Infatti, in senso affermativo, questo termine significa: tutta bella, tutta santa, anzi di più: la bellezza personificata, la santità visibilizzata in una creatura, la grazia divina senza nessuna ombra incarnata in Maria.

Forse, di fronte a così grande mistero, a così abbagliante e nello stesso tempo delicata bellezza, di fronte alla santità in se stessa, tutta concentrata in una creatura, la nostra mente si perde, il nostro cuore non riesce a “reggere”, si smarrisce, forse per questo non ci rivolgiamo a Maria in genere pensandola come Immacolata. Eppure è giusto che cerchiamo di guardare a lei partendo dalla sua natura più profonda, e chiedendoci non solo chi è Maria, ma anche cosa significa questo per noi, per la nostra vita cristiana.

Infatti, per conoscere di più l’Immacolata, la via maestra non può che essere la preghiera, la contemplazione, la docilità di fronte alla rivelazione di Dio e di fronte alla sua visita nella nostra vista, l’accoglienza del suo mistero; la santità risplende di luce propria, bisogna lasciarla risplendere senza opporre resistenza: la luce splende nelle tenebre, le tenebre non l’hanno vinta (Gv 1).

Ma la bellezza di Maria è tale che non acceca, non lascia come sgomenti, impossibilitati ad agire, non lascia con l’impressione di una tale distanza, che possiamo solo ammirare, constatando la nostra lontananza dalla sua santità e rimanendo in definitiva non mossi interiormente alla conversione.

S. Massimiliano Kolbe infatti, ponendosi nella scia della storia e della teologia francescana, ha raccolto l’eredità del passato, chiedendosi appunto come fare della verità dell’Immacolata non solo una verità da contemplare, ma soprattutto una realtà che spinge all’azione, che non lascia passivi, ma trasformati dalla grazia di Dio per essere sempre più appassionati del Vangelo.

Ecco la forza del mistero di Maria: una semplice creatura, chiamata ad essere Madre e per questo concepita Immacolata, che nella sua grandezza è vicina a noi, attirandoci verso il suo Figlio e ripentendoci le parole impegnative: “Fate quello che Egli vi dirà”.


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