fede

"Vinci l’indifferenza e conquista la pace"

Redazione online
Pubblicato il 30-11--0001

Di cosa parla il messaggio Papa Francesco per la 49° giornata mondiale della Pace che verrà celebrata il primo gennaio 2016?

Il tema del messaggio è "Vinci l’indifferenza e conquista la pace".

La riflessione nel messaggio per punti può essere così riepilogata:

1. Dio non è indifferente, e a Lui importa di noi. Noi siamo Sua “immagine e somiglianza”, e non ci abbandona mai a noi stessi ma ci segue, ci protegge, ci illumina. Vivere nell’indifferenza porta a chiudersi in se stessi, a non “vedere”, “ascoltare” il vicino. Le condizioni di disastro ambientale in cui viviamo dimostrano che non abbiamo neanche più “amor proprio”, in quanto aggrediamo il mondo e l’umanità nella quale viviamo noi stessi.

2. Siamo chiamati a “custodire”. La salvaguardia di noi stessi non è un atto egoistico, ma si apre alla concordia e alla solidarietà lì dove è vissuto con l’animo del buon samaritano. La convivenza porta ad avere rispetto e sentimenti di compassione verso il prossimo. Non sfrutteremmo gli altri esseri umani, non vivremmo di tangenti e corruzione, non vivremmo calpestando i diritti naturali di ogni essere vivente, sin dal suo concepimento alla morte naturale, non aggrediremmo la natura.

Per quanto riguarda i migranti, vorrei rivolgere un invito a ripensare le legislazioni sulle migrazioni, affinché siano animate dalla volontà di accoglienza, nel rispetto dei reciproci doveri e responsabilità, e possano facilitare l’integrazione dei migranti. In questa prospettiva, un’attenzione speciale dovrebbe essere prestata alle condizioni di soggiorno dei migranti, ricordando che la clandestinità rischia di trascinarli verso la criminalità. 3. La “globalizzazione dell’indifferenza” ci ha portato a vivere una condizione di assuefazione. Pur essendo distrattamente informati molti di noi sulle drammatiche situazioni in cui i nostri fratelli vivono, dai più vicini, nelle periferie non solo esistenziali della nostre città, ai più lontani, popoli di nazioni che dovremmo ricordare che condividono con noi una realtà importante, oltre all’essere tutti immagine e somiglianza di Dio, tutti noi abitiamo il nostro pianeta, siamo tutti concittadini dell’unico paese che è la Terra.

4. L’inequità, l’ingiustizia nella quale permettiamo vivano le nostre società grida a noi dal suolo, proprio come gridava il sangue di Abele alle orecchie di Dio. Dovremmo, in questo anno santo, uniformare la nostra vita a quella del buon samaritano, che fu accogliente, custode e sodale del povero malconcio, reietto agli occhi degli altri uomini.

5. Dobbiamo quindi andare “oltre” la chiusura egoistica del nostro cuore e vivere questo tempo di “misericordia, responsabilità e impegno”. Dovremmo in questo fare nostri i verbi che si riferiscono all’atteggiamento che Dio ha verso di noi: osservare, udire, conoscere, scendere, liberare. E’ nell’osservare l’altro e il mondo che ci circonda, nell’udire il grido che sale a noi dai nostri fratelli sfruttati, perseguitati, malati, oppressi, defraudati, abbandonati, è nel conoscere le loro miserie e quelle in cui abbiamo ridotto la natura, è nello scendere al livello del nostro fratello, è nel liberare il nostro prossimo dall’oppressione e dalla miseria in cui è caduto che si manifesta il nostro essere “prossimo per il nostro prossimo”.

6. La strada da seguire, pertanto, è quella dell’annuncio. La nostra è una vera e propria missione educativa. E’ nell’annunciare Cristo, Principe della Pace, che dobbiamo tutti partecipare alla “costruzione” del mondo, così da poterlo vivere al meglio e non nello sfruttamento, e consegnarlo in eredità alle future generazioni.

7. La via che dobbiamo riprendere è la via della Verità, e possiamo farlo vivendo le opere di misericordia corporale e spirituale.

8. Tutto questo ci porta a dover vivere dei veri e propri atti di coraggio. Il coraggio di ricordare e rimarcare che siamo tutti esseri umani, creati ad immagine e somiglianza di Dio, In quest’ottica è opportuno ricordare che la pena di morte, lì dove ancora esiste, non è un deterrente per il delinquere. La pena ha funzione medicinale, pertanto deve guarire l’azione malvagia commessa, sia facendo emendare la pena al reo, sia soddisfacendo i colpiti, a cui va comunque resa giustizia. Ricordiamoci poi il principio dell’accoglienza nel rispetto dei reciproci doveri e responsabilità. Integrazione significa partecipazione e inclusione. (Avvenire)

 

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