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Papa ai vescovi: pensare al prossimo, più che ai propri bisogni

Domenico Agasso JR
Pubblicato il 30-11--0001

È la Messa in suffragio dei cardinali e vescovi defunti nell’ultimo anno la prima apparizione pubblica di papa Francesco dopo l’esplosione di «Vatileaks 2», lo scandalo che ha portato all’arresto di monsignor Lucio Angel Vallejo Balda, già segretario della Prefettura degli Affari economici della Santa Sede e ora con lo stesso incarico presso l'ufficio del Revisore, e la Pr italiana Francesca Immacolata Chaouqui (poi rilasciata). Nell’omelia nella basilica di San Pietro questa mattina il Pontefice ha invitato a domandare «per noi quello a cui ci esorta l’apostolo Paolo: di “rivolgere il pensiero alle cose di lassù, non a quelle della terra”; all’amore di Dio e del prossimo, più che ai nostri bisogni». Inoltre, ha detto: «Chi non vive per servire, non serve per vivere».



«Oggi ricordiamo i fratelli Cardinali e Vescovi deceduti nell’ultimo anno. Su questa terra hanno amato la Chiesa loro sposa, e noi preghiamo perché in Dio possano godere la gioia piena, nella comunione dei santi», aveva esordito. Tra il 26 ottobre 2014 e il 26 ottobre 2015 i porporati defunti sono 12 e gli arcivescovi e vescovi sono 99;  all'elenco si aggiunge il patriarca Nerses Bedro XIX (Libano - Cilicia degli Armeni). In totale 112 (fonte Il Sismografo).



Il Papa ha invitato a pensare «con gratitudine anche alla vocazione di questi sacri Ministri: come indica la parola, è anzitutto quella di ministrare, ovvero di servire»; e mentre «chiediamo per loro il premio promesso ai “servi buoni e fedeli”, siamo chiamati a rinnovare la scelta di servire nella Chiesa». Perché «ce lo chiede il Signore, che come un servo ha lavato i piedi ai suoi più stretti discepoli, perché come ha fatto Lui facessimo anche noi. Dio – ha precisato - ci ha serviti per primo». Così il ministro di Gesù, «venuto per servire e non per essere servito, non può che essere a sua volta un Pastore pronto a dare la vita per le pecore. Chi serve e dona, sembra un perdente agli occhi del mondo – ha osservato - In realtà, proprio perdendo la vita, la ritrova. Perché una vita che si spossessa di sé, perdendosi nell’amore, imita Cristo: vince la morte e dà vita al mondo. Chi serve, salva. Al contrario, chi non vive per servire, non serve per vivere».



Dal Vangelo emerge che «Dio ha tanto amato il mondo», come dice Gesù. Francesco ha precisato che si tratta «davvero di un amore tanto concreto, così concreto che ha preso su di sé la nostra morte. Per salvarci, ci ha raggiunti là dove noi eravamo andati a finire, allontanandoci da Dio datore di vita: nella morte, in un sepolcro senza uscita. Questo è l’abbassamento che il Figlio di Dio ha compiuto, chinandosi come un servo verso di noi per assumere tutto quanto è nostro, fino a spalancarci le porte della vita».



Il Figlio di Dio si paragona al «“serpente innalzato”. L’immagine rimanda all’episodio dei serpenti velenosi, che nel deserto attaccavano il popolo in cammino. Gli Israeliti che erano stati morsi dai serpenti, non morivano ma rimanevano in vita se guardavano il serpente di bronzo che Mosè, per ordine di Dio, aveva innalzato su un’asta. Un serpente salvava dai serpenti. La stessa logica è presente nella croce, alla quale Cristo si riferisce parlando con Nicodemo. La sua morte ci salva dalla nostra morte».

Papa Bergoglio ha evidenziato che «nel deserto i serpenti procuravano una morte dolorosa, preceduta dalla paura e causata da morsi velenosi», così come «anche ai nostri occhi la morte appare buia e angosciante»; nel modo in cui «la sperimentiamo, è entrata nel mondo per invidia del diavolo, ci dice la Scrittura». Ma il Figlio di Dio «non l’ha fuggita, l’ha presa pienamente su di sé con tutte le sue contraddizioni»; e «ora noi, guardando a Lui, credendo in Lui, veniamo salvati da Lui: “Chi crede nel Figlio ha la vita eterna”, ripete due volte Gesù nel breve brano di Vangelo odierno».



Per Francesco, lo stile del Signore, «che ci salva servendoci e annientandosi, ha molto da insegnarci». In che senso? «Noi ci aspetteremmo una vittoria divina trionfante; Gesù invece ci mostra una vittoria umilissima. Innalzato sulla croce, lascia che il male e la morte si accaniscano contro di Lui mentre continua ad amare». Per gli esseri umani è difficile accettare questa realtà: «È un mistero, ma il segreto di questo mistero, di questa straordinaria umiltà sta tutto nella forza dell’amore. Nella Pasqua di Gesù vediamo insieme la morte e il rimedio alla morte, e questo è possibile per il grande amore con cui Dio ci ha amati, per l’amore umile che si abbassa, per il servizio che sa assumere la condizione del servo». E c’è di più: «Così Gesù non solo ha tolto il male, ma l’ha trasformato in bene. Non ha cambiato le cose a parole, ma con i fatti; non in apparenza, ma nella sostanza; non in superficie, ma alla radice. Ha fatto della croce un ponte verso la vita».



E ciò che conta per le donne e gli uomini è che «anche noi possiamo vincere con Lui, se scegliamo l’amore servizievole e umile, che rimane vittorioso per l’eternità. È un amore che non grida e non si impone, ma sa attendere con fiducia e pazienza, perché – come ci ha ricordato il Libro delle Lamentazioni – è bene “aspettare in silenzio la salvezza del Signore”».

«”Dio ha tanto amato il mondo” – ha sottolineato Francesco - Noi siamo portati ad amare ciò di cui sentiamo il bisogno e che desideriamo. Dio, invece, ama fino alla fine il mondo, cioè noi, così come siamo».



Il Papa ha concluso con un’esortazione: «Mentre offriamo questa Messa per i nostri cari fratelli Cardinali e Vescovi, domandiamo per noi quello a cui ci esorta l’apostolo Paolo: di “rivolgere il pensiero alle cose di lassù, non a quelle della terra”; all’amore di Dio e del prossimo, più che ai nostri bisogni. Che non abbiamo a inquietarci per quello che ci manca quaggiù, ma per il tesoro di lassù; non per quello che ci serve, ma per ciò che veramente serve. Che sia sufficiente alla nostra vita la Pasqua del Signore, per essere liberi dagli affanni delle cose effimere, che passano e svaniscono nel nulla. Che ci basti Lui, in cui ci sono vita, salvezza, risurrezione e gioia. Allora saremo servi secondo il suo cuore: non funzionari che prestano servizio, ma figli amati che donano la vita per il mondo». (Vatican Insider)

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