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Discorso della Cancelliera federale Angela Merkel in occasione del conferimento della Lampada della pace il 12 maggio ad Assisi

Redazione
Pubblicato il 17-05-2018

Gentili Signore e Signori, 

sono lieta e oltremodo commossa di essere qui con Voi oggi ad Assisi. La Basilica in cui ci troviamo incute stupore e profondo rispetto, anche per il sol fatto di annoverarsi tra le meraviglie architettoniche della storia dell’arte italiana. Gli affreschi del ciclo di San Francesco che possiamo vedere qui affascinano i fedeli da centinaia di anni. Tuttavia non è solo la vitalità delle rappresentazioni visive a incantare le persone. È soprattutto il contenuto, il messaggio che ci trasmettono da sempre.



Le convinzioni di San Francesco, o Francesco d’Assisi, com’è chiamato volentieri in Germania, continuano a illuminare il nostro cammino anche oggi. L’uomo ha bisogno di luce e orientamento lungo il suo cammino incerto nel corso del tempo. In questo senso, nulla, ma proprio nulla è cambiato per gli uomini, neanche 800 anni dopo Francesco e 700 anni dopo il pittore rinascimentale Giotto.



Questo è ciò che vuole ricordare la Lampada della pace. È quindi per me un grande onore ricevere questo simbolo di pace. Consentitemi di dire che quest’onorificenza ha per me un importante significato. Infatti la ricerca della pace e della riconciliazione, a prescindere dalla fede di ogni singolo, dalla visione del mondo o dall’assenza di fede, è un compito essenziale, universale, se non addirittura il più nobile della politica. Vi sono così tanti sviluppi attuali che ci mostrano come la pace sia tutt’altro che cosa ovvia. Il recente inasprimento della situazione in Siria e nei paesi vicini lo dimostra chiaramente.


LA PACE
Il cammino verso la pace e la riconciliazione è generalmente percorribile solo con grande impegno e molta tenacia. Assai di rado si estende dinanzi a noi già illuminato chiaramente. Se così fosse, le persone non devierebbero costantemente da esso.



Un uomo che ha percorso questo cammino e continua a percorrerlo è il Presidente Juan Manuel Santos. Nel settembre 2016 Lei, Signor Presidente, ha raggiunto la pace con i guerriglieri delle FARC in Colombia dopo decenni di sanguinosa guerra civile. Pochi mesi dopo i combattenti delle FARC hanno deposto le armi. E di recente, a marzo, il popolo colombiano ha eletto un nuovo parlamento – per la prima volta dalla stipulazione della pace e per la prima volta senza episodi di violenza.  Sono state elezioni pacifiche.



Già da ora è possibile affermare, Signor Presidente, che la Sua presidenza passerà alla storia della Colombia come momento di cesura nel quale il conseguimento della pace ha aperto le porte al cammino verso la riconciliazione tanto a lungo agognata. Le esprimo i miei più sentiti ringraziamenti per l’opera da Lei svolta.


SAN FRANCESCO E LA LAMPADA
Ricevere la Lampada della pace rappresenta quindi da un lato un onore, ma dall’altro anche un onere. Questa lampada ricorda quella a olio che illumina il sepolcro di San Francesco che abbiamo visitato insieme poc’anzi. La vita, l’opera e il messaggio di misericordia di Francesco toccano i fedeli di tutto il mondo.



Francesco è forse il santo più celebre della Chiesa cattolica (se mi è consentito dirlo in quanto cristiana evangelica). Proveniva da una famiglia abbiente e da giovane ben sapeva come intrattenersi in feste. Tuttavia arrivò il momento in cui chiuse radicalmente con la sua vecchia vita per seguire Cristo in povertà e umiltà. Praticò l’amore per il prossimo in modo incondizionato, dedito a tutti, a prescindere dal ceto sociale o dalla provenienza. Ruppe un tabù sociale facendosi carico della sofferenza dei lebbrosi. Li abbracciò, il che era assolutamente malvisto per l’epoca. Con questo abbraccio ai lebbrosi rese chiara la sua volontà di superare i confini. In tal modo fondò la grande tradizione francescana che, è lecito dire, ha trasformato l’Europa e il mondo. È un bene che almeno in seconda battuta i fratelli francescani siano giunti in Germania e vi siano rimasti.  



Oggi come ieri è possibile affermare che la pace non è davvero pensabile senza partecipazione, solidarietà e giustizia. La pace non si ottiene gratuitamente. La pace richiede lavoro. Assomiglia alla luce di una lampada che risplende per noi solo se l’alimentiamo con l’olio.  L’immagine della lampada serve a noi tutti da ricordo e monito al fine di dedicarci incessantemente a una convivenza pacifica, nel nostro piccolo così come nel grande.

Si può ben dire che un esempio di convivenza pacifica tra i popoli, unico nel suo genere, sia l’Unione europea. L’Italia è uno dei sei paesi fondatori della Comunità europea. Anche per questo motivo Assisi rappresenta un luogo meraviglioso per celebrare la pace, ma anche per continuare a rivendicarla o promuoverla. Che l’integrazione europea costituisca un progetto di pace (tra l’altro senza pari nella storia dal punto di vista della durata) è forse un fatto di cui non siamo quotidianamente consapevoli. Tuttavia se guardiamo alla storia mutevole del nostro continente possiamo intuire la fortuna che abbiamo oggi.


LA STORIA
400 anni fa, nel 1618, ebbe inizio la Guerra dei trent’anni, che terminò quindi solo nel 1648. Fu necessaria la Pace di Vestfalia, uno sforzo durato lunghi anni, per consentire all’Europa di tornare finalmente alla tranquillità. Ieri ho partecipato alla Giornata dei fedeli cattolici tedeschi a Münster, dove abbiamo discusso anche di questo trattato di pace. “Cerca la pace” è il motto su cui cattolici tedeschi si sono confrontati questi giorni.



Poter parlare di qualcosa di così fondamentale come la pace per due giorni consecutivi, prima a Münster e oggi ad Assisi, è per me una felice costellazione. Credo che discutere di pace lì come qui faccia capire molto di noi europei. Per chi giunge in Umbria dalla Vestfalia l’Europa si dischiude come continente della varietà. Da un lato è tale varietà a facilitarci l’identificazione con il nostro continente. La sua accettazione è altresì la premessa per una convivenza fruttuosa. Oggigiorno, tuttavia, l’anelito al rispetto reciproco di questa varietà è forse talvolta più grande della sua accettazione nella pratica. La varietà è una forza. Dovremmo ripeterlo sempre, soprattutto in tempi in cui la globalizzazione fa sembrare molte cose uniformi. Per accettare la varietà serve rispetto. E questo lo possiamo ottenere solo se siamo pronti a guardare al di là dei nostri confini nazionali. Dobbiamo ricordarci costantemente anche di questo nell’Unione europea.


EUROPA
Nonostante tutta questa varietà riusciamo a sentirci protetti nel Duomo di Münster così come nella Basilica di Assisi. Ciò è strettamente correlato anche alla nostra impronta comune, alla nostra storia che è stata plasmata dalla fede cristiana. Non sempre però quando discutiamo di regolamenti, disposizioni e direttive in Europa abbiamo ben presente l’importanza dei nostri valori comuni e delle nostre convinzioni fondamentali.

Jacques Delors, che fu a lungo presidente della Commissione europea – e saluto cordialmente Romano Prodi che è oggi insieme a noi – ha incoraggiato alla riflessione dicendo e cito: “Se non riusciamo […] a dare all’Europa un’anima, una spiritualità, un significato, abbiamo perso la partita”. Dobbiamo sempre avere presenti anima, spiritualità e significato nelle nostre azioni.



Alcide de Gasperi, Robert Schuman e Konrad Adenauer erano convinti che un futuro di pace per l’Europa dopo due guerre mondiali devastanti fosse possibile solo collaborando in una stretta comunità. Anche oggi abbiamo bisogno di questa volontà. Grazie per le Sue parole, Padre Custode.



Sappiamo però che l’Europa è rimasta a lungo, troppo a lungo divisa anche dopo la nascita del progetto europeo. La cortina di ferro, la Guerra fredda, ha diviso il nostro continente. Per questo desidero ricordare le donne e gli uomini coraggiosi del movimento polacco di Solidarność. Ricordo ancora vividamente come il movimento sindacale polacco abbia rappresentato una speranza per molti nella ex RDT. Naturalmente questa speranza era anche mista a timori. In fin dei conti la repressione della rivolta popolare nella RDT nel 1953 e la Primavera di Praga del 1968 non erano state dimenticate. Eppure, nonostante tutti i soprusi e le repressioni, l’anelito alla libertà e a condizioni di vita migliori non poté essere arrestato. 

LA GUERRA FREDDA
Da dove hanno tratto coraggio i polacchi? Da dove hanno attinto speranza? Cosa li ha spinti a non arrendersi? “Non abbiate paura!”: papa Giovanni Paolo II disse queste parole ai fedeli in piazza San Pietro all’inizio del suo pontificato nell’ottobre 1978. Pochi mesi dopo il papa polacco si recò in viaggio nella sua terra. Questo viaggio ha segnato fino a oggi in profondità la coscienza dei polacchi. Michail Gorbačëv fu poi della convinzione che il papa avesse contribuito notevolmente a rafforzare la volontà di libertà dei polacchi. Mi sento oggi particolarmente onorata di ricevere questo riconoscimento anche perché la Lampada della pace è stata conferita a papa Giovanni Paolo II e Lech Wałęsa.



Nonostante ciò, chi pensava che con la fine della Guerra fredda fosse finalmente giunta la pace in Europa apprese subito qualcosa di diverso. I paesi dei Balcani occidentali furono scossi da orribili conflitti e violazioni dei diritti umani nel corso degli anni 90. Il massacro di Srebrenica fu il più grande crimine di guerra commesso in Europa dalla seconda Guerra mondiale. Furono uccisi 8.000 giovani e uomini musulmani.

Tutte queste vittime ci rammentano quanto possa essere fragile la pace. Ci impongono di rinnovare sempre il nostro impegno a favore della pace. La prossima settimana incontreremo i paesi dei Balcani occidentali su invito del Primo Ministro bulgaro. Ancora oggi sono presenti soldati, tedeschi e non solo, in Kosovo. Sappiamo quanto in questo luogo la pace sia fragile.



Ancora oggi l’Europa non vive in pace e in sicurezza. L’annessione della Crimea ha segnato una lacerazione profonda. Il conflitto che continua nell’est dell’Ucraina ci tiene impegnati. La Germania e la Francia si stanno adoperando insieme nel formato Normandia al fine di attuare gli accordi di Minsk stipulati con Ucraina e Russia. Tuttavia ogni notte hanno luogo violazioni dell’armistizio. Quasi ogni giorno vi sono vittime.



Naturalmente il popolo ucraino non è solo nel suo anelito di pace; dobbiamo infatti rivolgere lo sguardo al nostro vicinato, ad altri terribili focolai di conflitti. In una regione a noi vicina, in Siria, è in corso una delle grandi tragedie umanitarie del nostro tempo. La guerra infuria ormai da sette anni. Dei 20 milioni di abitanti della Siria, la metà è in fuga, e di questi la metà lo è all’interno del paese e l’altra metà all’estero: in Turchia, Libano, Giordania e nei paesi membri dell’Unione europea –  anche in Germania. Queste persone hanno bisogno di una luce di speranza che attualmente non si riesce ancora a vedere. Dovremo adoperarci considerevolmente a livello politico.  


IL PRESIDENTE SANTOS
Signor Presidente Santos, il Suo esempio, il raggiungimento di qualcosa di apparentemente impossibile, rappresenta per noi un modello che sprona a tentare e ritentare sempre. Nel frattempo il conflitto in questione è diventato un conflitto di interessi regionali, un conflitto di religione. Forse, a volte, il punto non sono nemmeno più i siriani. Per questo motivo l’onorificenza di oggi è per me e per molti altri capi di Stato e di governo europei un monito affinché ci si adoperi maggiormente per una risoluzione del conflitto. Il recesso dall’accordo sul nucleare da parte degli Stati Uniti d’America ha reso la situazione ancora più tesa. Seguiamo quanto sta accadendo tra Iran e Israele. Alla luce della storia tedesca, alla luce del fatto che la sicurezza di Israele è per la Germania ragione di Stato, siamo quindi chiamati ancora una volta a impegnarci con vigore e grande convinzione per una risoluzione di questo conflitto.

L'ITALIA
Signore e Signori, riusciremo in tutto questo solo se saremo pronti a promuovere lo sviluppo dell’Unione europea. In Europa nessun paese potrà operare in modo sufficiente se da solo. Pertanto è necessario collaborare. Sono molto lieta dell’ottima collaborazione che sussiste anche con i nostri amici e colleghi in Italia. L’Italia si trova in una fase politica decisiva rispetto alla quale naturalmente non prenderò posizione. Ma vorrei dire questo: noi, nella Repubblica Federale di Germania, vogliamo risolvere insieme a Voi i grandi problemi del nostro tempo. L’Italia ha come vicino la Libia; l’Italia si trova dinanzi alla sfida rappresentata dai profughi dell’Africa.



Siamo quindi consapevoli che se vogliamo creare la pace non solo in Europa, ma anche nel nostro vicinato, non dobbiamo pensare solo al nostro benessere, bensì è necessario combattere con coraggio le cause della fuga e delle espulsioni. Non vi sono mai stati così tanti profughi dalla seconda guerra mondiale a oggi, di cui tra l’altro la maggior parte in Africa. Noi europei siamo sempre molto concentrati su noi stessi e ciò che viviamo. Dunque, se vogliamo continuare a vivere in pace, il grande compito sarà quello di occuparci dei nostri paesi vicini e dei loro problemi, nonché di risolverli.


PAPA FRANCESCO
Signore e Signori, Papa Francesco ci ha detto a chiare lettere in occasione dell’anniversario dei Trattati di Roma lo scorso anno che l’unica cosa utile per risolvere i nostri problemi è essere fiduciosi. In precedenza, dinanzi al Parlamento europeo, aveva paragonato l’Unione europea a una nonna, cosa di cui mi rammarico abbastanza. È importante riflettere sul fatto che le nonne hanno nipoti, che la speranza risiede nella gioventù e che i giovani devono darci ottimismo, ma anche noi dobbiamo darne loro. Per questo sono particolarmente lieta che oggi siano presenti anche alcuni giovani con i quali discuteremo più tardi.

Papa Francesco ha di recente pubblicato un libro intitolato Dio è giovane. Ha indetto un sinodo della gioventù. Ha detto ai giovani che non devono farsi mettere a tacere. Questo è un messaggio fondamentale che dovremmo prendere a cuore anche nella politica.



Signore e Signori, la Lampada della pace è una fonte di ispirazione per me, per le tante persone a cui ne parlerò e per i tanti che l’hanno già ricevuta. Signor Presidente Santos, accolgo la sua proposta di metterla sulla mia scrivania cosicché non venga dimenticata. Possano l’esempio e l’amore per il prossimo praticato da San Francesco di Assisi continuare a ispirarci. Possa la Lampada della pace fungere da monito per guardare al di là dei propri interessi, senza ignorare i bisogni degli altri e senza perdere di vista nella quotidianità quello che è il quadro generale della convivenza pacifica.


PREGHIERA PER LA PACE
Nel 2016, nella Giornata mondiale di preghiera per la pace, Papa Francesco ha affermato qui ad Assisi, e vorrei citarlo in conclusione, che: “[…] la pace è dono di Dio e a noi spetta invocarla, accoglierla e costruirla ogni giorno con il suo aiuto”. Lasciamoci contagiare da queste parole di coraggio. Lasciamoci inspirare da esse nelle nostre azioni quotidiane. Questo è ciò che vi assicuro in considerazione delle mie forze. Ma è anche ciò che chiedo alle persone qui presenti e a tutti coloro che ci stanno ascoltando. Il mondo non smetterà mai di aver bisogno di forza per creare la pace.


Vi ringrazio di cuore per l’onore di poter essere qui oggi.


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