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Francesco è sempre esempio, intervista esclusiva al Card. Parolin

ORAZIO LA ROCCA Ansa - Epa Paco Campos
Pubblicato il 14-07-2017

La storica “Spogliazione” di San Francesco nella piazza del Vescovado di Assisi vista dal cardinale segretario di Stato della Santa Sede Pietro Parolin, primo collaboratore di Papa Bergoglio.

“Un gesto rivoluzionario, ma anche drammatico, quello compiuto 800 anni fa da san Francesco quando si spoglia dei vestiti per servire da povero i poveri della Chiesa. Segno tangibile di un cambiamento radicale al servizio del Vangelo e della società del suo tempo, ma che parla anche agli uomini di oggi, come insegna papa Francesco, specialmente quando difende poveri e lavoratori, come ha fatto recentemente agli stabilimenti dell'Ilva di Genova quando ha ricordato che i lavoratori non sono numeri da contabilizzare ma persone, e che gli imprenditori prima del guadagno devono pensare alla promozione umana. Una scelta di vita nuova, libera, di totale servizio per l'uomo e la donna, che inizia dal gesto del Poverello per arrivare alla difesa di poveri e lavoratori di oggi, tutto all'insegna dell'amore per la pace universale in totale obbedienza a quel “Padre Nostro che sei nei cieli” a cui il giovane Francesco si rivolge senza nessuna esitazione nel momento in cui rinunzia ai beni di famiglia e dice definitivamente addio al suo padre terreno Pietro Bernardone”.

La storica “Spogliazione” di San Francesco nella piazza del Vescovado di Assisi vista dal cardinale segretario di Stato della Santa Sede Pietro Parolin, primo collaboratore di Papa Bergoglio.



Cardinale Pietro Parolin, perché definisce “rivoluzionaria” la scelta di san Francesco di rinunziare ai beni paterni e alla famiglia per affidarsi al “Padre Nostro che è nei cieli” come lui stesso annuncia, prima di tutto a Pietro Bernardone – che non capiva–, e a quanti lo stavano a guardare nella piazza del Vescovado?

Si tratta di una scelta rivoluzionaria perché il giovane Francesco, con quel gesto di rottura, spezza definitivamente i legami con la sua vita vissuta fino a quel momento tra agi, divertimenti e persino con una avventura militare finita molto male, per mettersi al servizio della Chiesa in piena libertà, senza nessuna costrizione, con la totale consapevolezza che senza i legami col passato, anche e soprattutto in materia di ricchezze familiari, poteva rispondere alla “chiamata” in maniera piena, definitiva e totale come autentico figlio della Chiesa.



Ma san Francesco non è stato né il primo e non sarà nemmeno l'ultimo a rinunziare ai beni di famiglia per servire la Chiesa di Cristo. Eppure il suo gesto continua a fare rumore e a scuotere le coscienze, e papa Francesco lo porta come esempio quando tocca tematiche legate al mondo del lavoro e dell'imprenditoria come ha fatto a Genova. Come lo spiega?

Quando Dio Padre chiama non tutto è spiegabile dalla mente umana. Anche i gesti che possono accompagnare quella 'chiamata' come è, appunto, la pubblica Spogliazione di Francesco, anche se fu lui a spiegare i motivi della sua scelta davanti alla popolazione di Assisi, al padre e al vescovo. Si volle liberare di tutto quello che aveva avuto dalla famiglia natia per essere una nuova persona e mettersi, senza nessun vincolo, al servizio di Cristo. Non è forse scritto nel Vangelo che quando Cristo si rivolge al giovane ricco gli dice “và, vendi i tuoi beni, dalli ai poveri e seguimi!...”? Quel giovane ricco non capì, come tanti altri dopo di lui. Ma Francesco lo capì benissimo e non ebbe esitazione a spogliarsi di tutti i suoi beni materiali per servire in maniera piena e totale i poveri e la pace nel nome di Gesù. Scelta indubbiamente rivoluzionaria che ancora scuote ed interroga. Così papa Francesco, oggi, quando parla del lavoro come priorità umana e, come ha esortato all'Ilva di Genova, quando ha ricordato profeticamente che il lavoro è diritto primario, che i lavoratori non sono numeri e che gli imprenditori, lavoratori anch'essi, non devono trasformarsi in speculatori.



Scelta, la Spogliazione francescana, da lei definita anche drammatica. Ma perchè proprio drammatica?

Fu un cambio radicale di vita con cui Francesco spezzò tutti i suoi precedenti legami. Inevitabile che procurò dolore e incomprensione tra i suoi, a partire dal padre e dalla madre. Il dramma sta proprio nella rottura degli affetti familiari, ma anche amicali tra quanti non capirono subito la portata del suo cambiamento credendolo un visionario.

Il vescovo Guido coprì subito Francesco col suo mantello. Anche questo un gesto dal profondo significato sul quale per secoli si sono interrogati teologi e studiosi di francescanesimo, rappresentato mirabilmente dall'immortale Giotto in uno dei più noti affreschi nella Basilica Superiore di Assisi.

Certamente, Francesco coperto dal mantello del vescovo fu subito accolto e protetto. Un gesto istintivo che il vescovo Guido fa certamente spinto, in un primo momento, dalla volontà di coprire il nudo corpo del giovane dagli occhi della gente radunata in piazza per assistere al processo intentato da Pietro Bernardone contro il figlio. Ma non si può non vedere in quel gesto anche un paterno moto di accoglienza e di protezione da parte di una madre che protegge il proprio figliolo, in questo caso la Chiesa che accoglie e protegge Francesco.



Quel mantello vescovile, che ora è esposto nel Santuario della Spogliazione, però era finemente ricamato e impreziosito da tessuti di qualità che potevano essere appannaggio solo dei ricchi. Un oggetto di quella ricchezza che proprio Francesco aveva rifiutato per dedicarsi ai poveri. Non c'è una contraddizione in tutto questo?

L'ho detto prima, è arduo avere la pretesa di voler capire tutti gli aspetti che accompagnano una 'chiamata'. Anche l'uso di un oggetto di lusso, come era indubbiamente quel mantello, per coprire un giovane che si era denudato in pubblico. Nell'istintivo gesto protettivo e di accoglienza del vescovo nei confronti di Francesco la qualità dei tessuti che avevano impreziosito il mantello passa in secondo piano. Anzi, io ci vedo solo un moto di servizio a favore di chi – un giovane nudo che aveva girato le spalle alla sua ricca famiglia – in quel momento aveva bisogno di essere protetto, accolto, difeso. E in questi casi tutto è necessario. Anche l'uso di un ricco mantello vescovile posto sulle spalle di un povero. Ma è un gesto che, secondo me, ha significati ancora più alti che hanno a che fare poco con la qualità commerciale di quel mantello. È il segno tangibile di una Chiesa che si china, accoglie ed abbraccia la voce dei poveri, degli ultimi e della fratellanza di tutti i popoli.



Quella Chiesa che, come il Concilio Vaticano II codificherà dopo circa 8 secoli, opta per la scelta preferenziale per i poveri. Come non a caso papa Francesco esorta giorno dopo giorno con parole, appelli, ma anche con opere concrete. Basti pensare ai servizi attivati per aiutare i bisognosi che gravitano intorno alle basiliche vaticane e i richiami ai potenti della terra ad abbattere muri e ad aprire le porte a chi scappa da guerre, malattie, oppressioni, povertà. Scelte radicali di oggi ma che affondano le proprie radici anche nella rivoluzionaria e drammatica pubblica Spogliazione di Francesco. Non è così?

Sono tante le radici che legano le scelte di oggi, fatte sulla scia delle esortazioni di papa Francesco e dei suoi predecessori, a quelle operate dal Santo di Assisi. Basterebbe mettere in pratica solo una parte del messaggio francescano per risolvere i tanti problemi che oggi assillano tanta parte della popolazione del mondo. Non vorrei sembrare eccessivamente semplicistico, ma con la pace si elimina la guerra e tutto quel che ne consegue, dal risparmio delle vite di innocenti al bando del commercio delle armi e degli ordigni; con la difesa del Creato l'ambiente sarebbe più accogliente e salubre; ma, ancora di più, con la messa a disposizione delle fasce sociali più deboli e più povere solo le ricchezze superflue che notoriamente sono in mano a pochi, il mostro della fame e della denutrizione sarebbe sicuramente debellato. È San Francesco, che con quel gesto della Spogliazione, ce lo ricorda ogni giorno parlando alle genti di oggi, al di là di nazionalità, colori politici, scelte religiose. Basterebbe ascoltarlo con maggiore attenzione, come instancabilmente ci insegna il Santo Padre papa Francesco quando parla a uomini e donne di buona volontà, credenti, non credenti, diversamente credenti, a giovani, a imprenditori, a lavoratori e disoccupati, e persino a chi ha perso la libertà come il popolo dei carcerati.


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