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Cosa succede alla nostra società? di padre Mauro Gambetti

Mauro Gambetti Pixabay
Pubblicato il 14-07-2017

La divisione si insinua nei “regni”, nazionali e sovranazionali, a partire dal modo di governare, ovvero dalla coesione o dalla frammentazione del popolo intorno ai propri rappresentanti.

Un focus sul vecchio continente. L’Europa appare centrifugata dalle economie di mercato e finanziarie e, mentre prova ancora ad alimentare il sogno dei padri fondatori – pace, unità e prosperità –, si lascia guidare dal rapporto costi-benefici, un principio “sacro” divenuto oramai obsoleto e nefasto. Non per nulla una cultura di morte ha ridotto al lumicino le speranze di una discendenza autoctona nel continente.

Una nota sulla nostra amata Nazione. L’Italia si è risvegliata frammentata e impacciata dopo la grande abbuffata di democraticismo e benessere a basso costo. Il nostro Parlamento ne è lo specchio. Le Regioni navigano a vista. I comuni, costretti ad assumere il ruolo di enfant prodige della politica, spesso sembrano giocattoli messi in mano a bambini. Le istituzioni fondamentali dello Stato (famiglia, scuola, lavoro) sono in balìa del liberismo, del consumismo e di un populismo radical chic.

Un commento. A me pare che vi sia in atto un processo drammatico di divisione e di disgregazione istituzionale e individuale.

Una interpretazione. Mi tornano alla mente le parole di Gesù: se un regno è diviso in sé stesso, non può reggersi. È ovvio che la divisione si insinua nei “regni”, nazionali e sovranazionali, a partire dal modo di governare, ovvero dalla coesione o dalla frammentazione del popolo intorno ai propri rappresentanti.

Si sa, la politica moderna ruota attorno all’economia. E se è vero che spesso è il mercato a dare il via alle relazioni interpersonali (e/o internazionali), è altrettanto vero che molte volte esso è l’origine della disgregazione.

Nella storia, è stata la moneta a favorire lo scambio di beni e servizi, mentre tecnologia e finanza costituiscono un facilitatore universale dello sviluppo d’impresa e della crescita del capitale. Oggi, come mai prima d’ora, sono in gioco grandi potenzialità... e grandi rischi. Quando i soldi, la tecnologia e la finanza non sono più uno strumento di servizio cominciano i guai, grossi. Se vengono confusi con dei valori assoluti – da desiderare, cercare e servire – è l’inizio della fine. Così in questo primo scorcio del terzo millennio.

Colpisce come un pugno in faccia il rapporto sulle risorse economiche che traccia la distribuzione delle ricchezze nel mondo: 8 uomini posseggono beni pari a quelli di 3,6 miliardi di persone; l’1% della popolazione mondiale possiede il 99% della ricchezza; in Italia l’1% della popolazione più facoltosa possiede il 25% della ricchezza nazionale netta. E si potrebbe continuare. La spaccatura tra ricchi e poveri è sempre più netta ed ampia. Il mercato economico, come un grande regno, è diviso in sé stesso. La corruttela è diffusa come la zizzania in un campo non lavorato. I ricchi hanno sempre più paura per il loro futuro e si isolano.

I “poveri” delle classi medie e borghesi litigano. Un regno diviso in sé stesso non può reggersi. Una esortazione. Ricominciamo dall’insegnamento di Francesco per i suoi frati, invitati a considerare il denaro come sterco. Lo sterco non è appetibile e quando lo si utilizza lo si fa con distacco, con opportuni accorgimenti, senza lasciarsene coinvolgere. Gli accumuli non vengono trattenuti a lungo e volentieri vengono ridistribuiti per concimare i campi. Ricordiamolo: i soldi, la tecnologia, la finanza sono come lo sterco. Staremo tutti molto meglio.

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