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Bassetti: su poveri e migranti non possiamo dividerci

DOMENICO JR. AGASSO Ansa - Riccardo Antimiani
Pubblicato il 14-01-2019

Posizione geografica, storia e cultura affidano all’Italia una responsabilità nel Mediterraneo

Posizione geografica, storia e cultura dell’Italia «ci affidano una responsabilità nel Mediterraneo». Su poveri e migranti non ci si può dividere. E neanche «agire per approssimazione». Lo afferma il cardinale Gualtiero Bassetti, presidente della Cei, aprendo il Consiglio permanente, che si svolge da oggi a mercoledì 16 gennaio a Roma. Il Porporato coglie l’occasione per ringraziare gli abitanti di Torre di Melissa per la loro solidarietà e accoglienza nei confronti «di quei profughi abbandonati in balìa delle onde».

Nell’introduzione Bassetti mette esordisce ricordando che la Chiesa è chiamata a «interpretare questo tempo, attraversato da venti che disperdono, provocando in molti confusione e smarrimento, ripiegamento e chiusura».

Il Cardinale dice di essere «anziano» e il primo a sentirsi «a volte inadeguato, ma intuisco che in questo contesto dobbiamo – a maggior ragione – impegnarci a lavorare meglio, appassionati e concentrati sull’essenziale». Se la confusione è «grande, non dobbiamo essere noi ad aumentarla; se ci sentiamo provocati o criticati, dobbiamo cercare di capirne le ragioni; se siamo ignorati, dobbiamo tornare a bussare con rispetto e convinzione; se veniamo tirati per la giacca, dobbiamo riflettere prima di acconsentire e fare».

Le sue paure non sono legate alle difficoltà, bensì allo «scoraggiamento» e alla «sfiducia, che costituiscono il terreno sul quale il male attecchisce e cresce. Temo l’indifferenza con cui il male si impadronisce delle nostre paure per trasformarle in rabbia. Temo l’astuzia che si serve dell’ignoranza. Temo la vanità che avvelena gli arrivisti. Temo l’orizzonte angusto dei luoghi comuni, delle risposte frettolose, dei richiami gridati».

Il Presidente della Conferenza episcopale italiana evidenzia: «Il male ama l’ordine fine a se stesso, la potenza, la ricchezza; lo Spirito, invece, è fuoco, è libertà vigile, è sorpresa e incontro. Il male invecchia, arrabbiato e stanco; il bene è una giovane primavera». Poi precisa che «la relazione cristiana non è un galateo o una lezione di buone maniere, bensì una disposizione del cuore e della mente, una scoperta di quanto sia possibile affrontare anche i problemi più impegnativi quando si ha amore».

Così, quando «il popolo è confuso, il modo migliore per rispondere al nostro dovere non è quello di proporre facili rassicurazioni, lasciando capire che poi tutto s’aggiusta o che, comunque, altri sono quelli che devono pensarci. Siamo chiamati, piuttosto, a saperci confrontare con franchezza e ad assumere con determinazione le scelte necessarie, così da essere non solo più efficienti, ma soprattutto più chiari e uniti».

Bassetti esorta: «Le nostre decisioni devono seguire un metodo, supportato da un’idea forte e da continue verifiche, da un luogo di elaborazione culturale che non sia semplicemente una vetrina per proporre se stessi». Serve «metodo anche per utilizzare al meglio le risorse materiali e finanziarie che i cittadini e i fedeli mettono a disposizione della Chiesa; ci serve metodo per interagire con le Istituzioni, in modo distinto e collaborativo; ci serve metodo per guardare avanti con fiducia e impegno».

Non basta rincorrere «l’attualità con comunicati e interviste; non possiamo perdere la capacità di costruire autonomamente la nostra agenda, aperti a ciò che accade – a partire dalle emergenze che bussano ogni giorno alla porta – ma fedeli a un nostro programma pastorale, che è poi il Vangelo». Alla Chiesa occorre ripartire dallo stile «sinodale», vivendolo «sul campo, tra la gente, per consigliare, sostenere, consolare».

L’obiettivo del Prelato è «arrivare all’Assemblea di maggio con un progetto condiviso, così che si possa dire: la Chiesa italiana non si lamenta, ma si prepara a fare di più e meglio. Vorrei che sapessimo mostrare al Paese che noi cattolici non disertiamo le sfide impegnative di questo nostro tempo, convinti come siamo che possono essere affrontate e superate».

L’introduzione termina con un duplice ringraziamento e un appello.

Il primo «grazie lo rivolgo agli abitanti di Torre di Melissa. Mentre sul migrante e sulla persona fragile stentiamo perfino a confrontarci con serenità, pronti come siamo a scaricare su di loro un malcontento sociale che – come sostiene Papa Francesco – “enfatizza i rischi per la sicurezza nazionale o l’onere dell’accoglienza”, la piccola comunità sulla costa crotonese ha scritto una pagina di segno contrario». La racconta: «A fronte di quella cinquantina di profughi abbandonati in balìa delle onde, sindaco, forze dell’ordine, volontari e semplici cittadini hanno saputo esprimere una solidarietà corale». Ecco che «sui poveri non ci è dato di dividerci, né di agire per approssimazione: la stessa posizione geografica del nostro Paese e, ancor più, la nostra storia e la nostra cultura, ci affidano una responsabilità nel Mediterraneo come in Europa».

Il secondo attestato di riconoscenza lo rivolge «a quanti – non da ultimo le testate giornalistiche – si sono adoperati per evitare il raddoppio della tassazione sugli enti che svolgono attività non profit. Come ha sottolineato il Presidente del Consiglio, il mondo del Terzo settore riveste nella società italiana un ruolo determinante». A sua volta, aggiunge che «questa sua centralità vive di valori e progetti, è spazio educativo e formativo all’insegna della gratuità e del servizio; è spazio di impegno civile, teso alla costruzione del bene comune».

E sempre di più c’è necessità «di questa società civile organizzata, c’è bisogno dei corpi intermedi, di quella sussidiarietà che risponde alle povertà e ai bisogni con la forza dell’esperienza e della creatività, della professionalità e delle buone relazioni».

Per Bassetti è «l’orizzonte su cui il 18 gennaio di cent’anni fa don Luigi Sturzo fondava il Partito Popolare Italiano, con l’attenzione a coniugare l’integralità del Cristianesimo con il rispetto della laicità della politica, anche per evitare – come diceva lo stesso Sturzo – che “la religione venga compromessa in agitazioni politiche e in ire di parte”».

E l’appello «va in questa medesima direzione: governare il Paese significa servirlo e curarlo come se lo si dovesse riconsegnare in ogni momento. Ai “liberi e forti” di oggi dico: lavorate insieme per l’unità del Paese, fate rete, condividete esperienza e innovazione». Assicura infine che «come Chiesa faremo la nostra parte con pazienza e coraggio, senza cercare interessi di bottega». (Vatican Insider)

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