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Andrea Caschetto, l’ambasciatore del sorriso

Domenico Marcella illibraio.it
Pubblicato il 15-01-2018

Dopo un tumore al cervello ricordo solo con le emozioni. Per questo dono sorrisi al mondo

Ad Andrea Caschetto si può battere tranquillamente Il cinque. Se lo incontri per strada, sorride e si ferma a chiacchierare con te quasi a volerti infondere una terapeutica dose di allegria, prerogativa della sua nobile missione. Questo instancabile figlio di Sicilia – che si muove con uno zaino pieno di palloncini da gonfiare e un naso da clown – è chiamato l’Ambasciatore del sorriso. Dopo aver viaggiato intorno al mondo – intrattenendosi a giocare e a ridere con i bambini ospiti degli orfanatrofi dei paesi sottosviluppati – per Andrea si sono spalancate le porte dell’Assemblea delle Nazioni Unite.

In occasione della Giornata Mondiale della Felicità, ha tenuto un discorso  divenuto immediatamente virale che ha incantato e commosso perfino i più rigidi e ingessati diplomatici. «Solo chi ha pianto molto può apprezzare la vita nelle sue bellezze, e ridere bene», scrive Oriana Fallaci in “Lettera a un bambino mai nato”, e scandagliando in superficie il percorso esistenziale di Andrea si avvalora ulteriormente il pensiero della scrittrice fiorentina.

Caschetto a 15 anni ha affrontato e vinto un tumore all’emisfero sinistro del cervello che gli ha ridotto la capacità mnemonica. Ma questo non l’ha scaraventato con le spalle al muro ma lo ha spronato a iniziare a macinare chilometri, a consumare le suole di innumerevoli sneaker, per amore della felicità.



Partiamo dalla fine. Imparare a ridere dopo uno scherzetto della vita è possibile?

Sì, certo. Anche se in realtà io non ho mai smesso di farlo. Sono stato, in un certo senso, programmato al buonumore. Diciamo che il periodo dell’operazione è stato uno stop quasi forzato dalla risata. Mi piace ribadire, sempre e comunque, che non abbiamo bisogno di un tumore o di una difficoltà per apprezzare e amare la vita. È un ideale che tutti dovremmo rafforzare.




In te i ricordi latitavano e si confondevano. Per renderli indelebili e trattenerli cosa hai deciso di fare?

Frequentavo addirittura delle lezioni private, ma non riuscivo a ricordare nulla. Per tutti, e anche per me, ero diventato "memoria zero", un soprannome simpatico che ho adorato così tanto da trasformare nel nickname della mia prima email. Le grandissime difficoltà mnemoniche compromettevano la mia quotidianità. Al ritorno del mio primo viaggio in Africa nel 2009, a diciannove anni, mi sono accorto di aver portato con me in Italia un bagaglio di ricordi, tra cui i volti dei bambini e le attività ricreative che avevamo svolto insieme. In maniera un po’ incredula, ho iniziato a chiedermi il perché di quelle visioni ancora vive nella mia mente. Ho scoperto allora che tutto quel che tocca le nostre emozioni passa dalla memoria a breve termine a quella a lungo termine. Ho intrapreso così la strada dei cosiddetti viaggi emotivi per archiviare le esperienze e non essere diverso dagli altri.




Il viaggio per te è un'esperienza vitale a tutti gli effetti.

Il viaggio per me è il libro migliore da leggere per imparare a vivere bene perché ti apre gli occhi sulle culture, sull’uguaglianza, sulla diversità, le forme, i colori. Sul mondo.




Perché hai scelto di operare nella sofferenza infantile?

Perché quel che può sembrare sofferenza, in realtà, è un antidoto per la felicità. I bambini orfani sono più sfortunati, non hanno niente, ma sorridono meglio degli altri. Allietare le loro giornate è un dono prezioso che facciamo a noi stessi.




Non a caso, ti chiamano "l'ambasciatore del sorriso".

Vado a portare la felicità ovunque, ed è ganzissimo. Non soltanto ai bambini in Africa ma anche ai vicini del pianerottolo. Se si fa qualcosa di nobile e bello senza alcun tornaconto economico, come faccio io, tutto ha ancor più valore.  Anche se…



Anche se?

Anche se sono sempre io a fare il pieno di energia davanti ai sorrisi che ricevo. Il loro sorriso è adrenalina pura, e i loro occhi sono un oceano di gioia.




Sei siciliano. Avresti voluto fare il magistrato per contribuire ad annientare a mafia. E invece sei diventato supereroe per altri meriti.

Ma senza mantello! Siamo tutti capaci di compiere atti eroici. L’eroe per me è sopratutto chi incontra una signora anziana e la aiuta a portare le buste della spesa o le casse di acqua minerale. Sono i gesti semplici e umili a rendere l’uomo veramente grande.



Hai paura di qualcosa?

Provo una sorta di paura, un po’ come tutti i giovani italiani, quando insorge  qualche inevitabile domanda sul futuro. Forse, però, è il tempo a spaventarmi, perché è una brutta invenzione nella vita degli esseri viventi.



E cosa ti infonde coraggio?

Il viaggio, stimolato dalla curiosità di vedere e conoscere.



Qual è la differenza tra il sorriso dei bambini e quella degli adulti?

La durata. Fateci caso.

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