LAUDATO SI'
Lo so: ne hanno parlato ormai troppo e in troppi. Ne ho letto perfino alcuni torrenziali, demenziali commenti teologici (e qualche accusa di “eresia”, sic) redatti da alcuni Sapienti della Domenica, di quelli che debbono ispirare la loro sapienza a pubblicazioni tipo Christianity forDummies. Ho collezionato una divertente teratogalleria di cefalofalliche iperboli contro il “papa ecologista”, il “papa panteista”, il “papa gnostico”, il “papa criptocomunista” eccetera.
Ma io invece voglio dedicare all’enciclica Laudatosi’solo poche semplici parole, come si addice a queste pagine. Parole di gratitudine per questo raggio di sole nella nebbia postmoderna, per questa rosa sbocciata nel deserto dell’egoismo e dell’ipocrisia nel quale ci sembra ormai di esserci definitivamente sperduti quando leggiamo dei buoni cristiani che desertificano e inquinano il mondo per fame e sete di profitto, dei rispettabili banchieri (cristiani anch’essi) che preferirebbero strangolare un popolo intero piuttosto che concedergli ancora qualche mese di dilazione per consentirgli di pagare i suoi debiti, degli indefessi difensori della Civiltà Cristiana che auspicano naufragi di massa di migranti nel Canale di Sicilia. E’ su questo mondo devastato dall’egoismo e dall’ingiustizia che sono cadute come una pioggia benefica le parole di papa Francesco ispirate al Povero di Assisi.
“Laudatosi’, mi’ Signore, cantava san Francesco d’Assisi. In questo bel cantico ci ricordava che la nostra casa comune è anche come una sorella, con la quale condividiamo l’esistenza. Questa sorella protesta per il male che le provochiamo, a causa dell’uso irresponsabile e dell’abuso dei beni che Dio ha posto in lei. Siamo cresciuti pensando che eravamo suoi proprietari e dominatori, autorizzati a saccheggiarla. Ogni aspirazione a cambiare e migliorare il mondo richiede di cambiare profondamente gli stili di vita, i modelli di produzione e di consumo, le strutture consolidate di potere che oggi reggono le società. L’autentico sviluppo umano possiede un carattere morale e presuppone il pieno rispetto della persona umana, ma deve prestare attenzione anche al mondo naturale”.
Molti (oggi viviamo stranamente in una società atea, ch’è però piena di Padreterni) hanno trovato queste parole deludenti in quanto ovvie, banali, piene di cose risapute eccetera, in tutto degne del mediocre livello delle prediche che papa Bergogliopronunzia ogni mattina dal pulpito di Santa Marta.
Dio benedica quest’ovvietà, questa banalità. Dio voglia che essa si trasformi in progetto sociale e in programma politico. Dio voglia che, dopo aver goduto della fortuna di essere governati per decenni da imprenditori, banchieri, tecnocrati, managers, e dai governi che sono diventati ormai loro comitati d’affari, riusciamo alla fine a guardar oltre la loro avida miopìa e a riacquistare la coscienza della nostra autentica identità – oggi che di “identità” tanto si parla -, quelli di custodi d’un bene che non ci appartiene ma del quale siamo responsabili, di un pianeta nel quale tutti possiamo e dobbiamo vivere con quel minimo di dignità per tutti che nasce da una ragionevole condivisione, d’un mondo nel quale sia possibile svilupparsi anche senza ricorrere a strumenti di costrizione e di corruzione come la tirannia, la guerra e la droga.