Frate Francesco, Papa Francesco e l'ecologia
L’ecologia studia le relazioni tra gli organismi viventi e l’ambiente in cui si sviluppano”. Questa limpida, semplice definizione di ecologia è richiamata all’inizio del capo 138 della Laudato si’. E ha provocato varie critiche: banalità, adesione acritica alle “mode ecologiche” vigenti, conformismo culturale.
Temo in realtà che il testo della Laudato si’ corrisponda a qualcosa di tanto spesso (fin troppo) ricordato, citato e ovviamente criticato quanto poco o nulla veramente consultato e tantomeno letto. Perché chiunque l’abbia sia pur superficiamente avvicinata si è reso conto non solo della ricchezza e della complessità del suo testo – al di là del suo carattere sintetico, che dovrebb’essere oggetto di studio, esegesi e annotazione analitica densissimi – bensì anche, e soprattutto, del suo carattere ch’è anzitutto sociale e antropologico. Non solo: si tratta di un testo rigoroso, durissimo, che formula accuse tanto pesanti quanto precise nei confronti degli autentici responsabili dell’inquinamento, della desertificazione, della distruzione della biodiversità, del surriscaldamento, dell’accumulo dei rifiuti (compresi quelli tossici e quelli radioattivi) e del loro scorretto smaltimento, della crisi dell’acqua potabile. Tutti i problemi che ci riguardano e ci preoccupano, a cominciare dalle migrazioni sempre più imponenti di masse umane dall’Africa e dall’Asia alla volta dell’Europa, sono conseguenze di quei problemi, suscitati da chi ha interesse a gestire un “progresso” disordinato e nocivo per la stragrande maggioranza del geneer umano. Basti pensare alla produzione e al traffico di armi e di droga: a chi giova, chi ci guadagna, chi ne è vittima.
Se in Consiglio di Sicurezza dell’ONU assumesse per un solo anno come guida per le sue risoluzioni (sospendendo ovviamente il diritto di “veto” da parte dei suoi membri permanenti) quest’enciclica ed agisse secondo le sue indicazioni, gran parte dei problemi del pianeta sarebbero risolti o quantomeno perfettamente identificati e avviati sulla strada della scomparsa. Il che ovviamente non potràmai avvenire, dal momento che il mondo è in mano a organizzazioni finanziarie tecnologiche le quali mirano soltanto al profitto immediato di pochi, con nessun rispetto sostanziale (a parte le chiacchiere retoriche) né per i diritti umani, specie quelli dei più poveri, né per i problemi delle generazioni future.
Ciò premesso, va aggiunto che il problema del deterioramento dell’ambiente e dell’ecosistema, che negli ultimi decenni ha raggiunto livelli di guardia irreversibili e allarmanti, non è affatto una cosa nuova. Chi conosce i testi giuridici prodotti dagli esseri umani, da Hammurabi fino agli statuti delle nostre città medievali, sa bene che la tutela dell’ambiente e la preoccupazione per il suo deterioramento vi sono costanti. Certo, con la fine della Modernità tutto è radicalmente, qualitativamente mutato.
Frate Francesco viveva in un mondo nel quale l’uomo, esattamente come oggi, si sentiva il padrone assoluto del pianeta: e una lettura errata della Bibbia sembrava dargli ragione (è la lettura che la Laudato si’ corregge: l’uomo non è padrone assoluto bensì custode, guardiano della natura. Ma allora (a differenza di oggi, a parte alcune aree dell’Africa, dell’Asia e dell’America latina che si vanno restringendo) la natura si presentava come ostile, come invadente: andava continuamente tenuta a bada. Ai tempi di Francesco bisognava lavorare per difendersi dal creato; oggi – a parte i grandi cataclismi nei quali esso mostra ancora la sua potenza –essa va aiutata e tutelata. Frate Francesco, come dimostrarono meravigliosamente Henry Thode e Giovanni Gentile, è alla base della sensibilità per il mondo circostante che apre le porte alla grande arte rinascimentale: dopo di lui, il mondo occidentale tornò all’ammirazione per il creato che del resto già esisteva nella cultura antica. Papa Francesco si situa alla fine di questa parabola: il rapporto con il creato è divenuto talmente familiare, l’essere umano si è talmente assuefatto all’inesauribilità delle sue risorse e all’idea di esserne padrone, che è fondamentale restaurare al tempo stesso sia il rispetto per la legge divina che, nel Genesi, ha precisato natura e limiti di questo possesso, sia la meraviglia per la sua bellezza alla quale ci siamo talmente assuefatti dal non vederla più e quindi dal lasciare con indifferenza ch’essa venga violentata e distrutta, sia la consapevolezza che il deterioramento dell’ambiente è parte della politica suicida che la cultura dello sfruttamento ha imposto al genere umano per favorire il potere e l’arricchimento di pochissimi e che reagire ad essa è ormai divenuto tanto meritorio quanto indispensabile.
Siamo per questo ancora all’Anno Zero. Quando questo tipo di consapevolezza sarà divenuto parte fondamentale dell’insegnamento e dell’apprendimento scolastico, avremo compiuto un piccolo ma sostanziale passo avanti. Questo dovrebb’essere un primo obiettivo: docenti, studenti e famiglie dovrebbero esservi coinvolti. A che punto siamo? Che cosa stanno facendo i politici per consentirlo, nella consapevolezza che le forze finanziarie, industriali e imprenditoriali ben decise a impedirlo sono molte e ben agguerrite?