'Quell'Abete Benevolo' Il Natale di Francesco raccontato da DACIA MARAINI
LA GRANDE SCRITTRICE CI RACCONTA IL SUO NATALE
Francesco è stanco di camminare. Ha i piedi gonfi e impolverati. Ha gli occhi
che gli bruciano per il freddo. È dicembre. Natale si avvicina e lui vorrebbe tornare alla
Porziuncola per festeggiare la nascita di Cristo con i suoi fratelli. Ma si accorge che la
città non si vede per niente all’orizzonte e il nevischio diventa sempre più turbinoso
e gli graffi a la pelle del viso. I piedi nudi gli fanno male. Pensava che il cammino
sarebbe stato più breve.
Ma la fermata presso gli amici lebbrosi gli ha portato via due ore e adesso è in ritardo.
Il sole sta tramontando e la strada è ancora lunga.
Camminando rapido e pensieroso a testa bassa, col cappuccio calato sulla testa,
improvvisamente inciampa sulle radici di un grosso albero che si leva sul ciglio della
strada. Riesce a non ruzzolare aggrappandosi a un ramo che sporge come una mano
amica. Francesco solleva la testa, mentre il cappuccio gli scivola sul collo e vede un
abete che quasi gli sbarra la strada. Che bell’albero! Si dice sorridendo. E si ferma a
osservarlo con curiosità e ammirazione.
« Hai freddo? » dice una voce opaca, che sembra venire da lontano.
Francesco si guarda intorno sorpreso e un poco spaventato . Ma per quanto esamini,
non scorge nessuno nei dintorni.
« Chi sei? » chiede scrutando fra i rami, pensando a un ragazzino che si sia arrampicato
sull’albero e ora lo prende in giro appeso a un tralcio. Intanto sente il nevischio che ha
preso a vorticargli attorno al cranio nudo egli penetra fra collo e spalle.
« Sono io che ti parlo », dice la voce.
Francesco si gira su se stesso. Lancia un’occhiata fra i cespugli che crescono folti alla
base del tronco rugoso dell’abete. Ma non vede un viso, un corpo, niente di umano.
Hai freddo? » chiede ancora la voce.
E Francesco si accorge che l’abete, pur rimanendo inchiodato al suolo, si allunga verso
di lui e allarga i suoi rami fronzuti come fossero ali e lo coprono benevolmente.
« Ora no », risponde grato. E capisce che è l’albero a parlargli. Con una voce profonda
e gentile che viene fuori dal cavo del tronco, affettuosa e paterna.
« Per questa notte rimani qui », continua l’abete, con fare protettivo, « domattina
riprenderai il cammino ».
« È già quasi buio ».
« Per questo ti propongo di rimanere qui. Hai i piedi gonfi e le labbra violacee per il
gelo. Infi lati fra i cespugli soffi ci e puliti che crescono qui vicino. Ti coprirò coi miei
rami. Fra loro e me, potrai dormire tranquillo ».
Francesco lo guarda commosso. Ai suoi piedi i cespugli, come se avessero inteso
quelle parole affettuose, si allargano per preparargli un letto su cui riposare. L’abete
intanto estende le sue vaste ali per abbracciarlo con tenerezza materna. Francesco si
raggomitola su se stesso e si lascia coprire da quelle foglie, da quei rami.
« Grazie fratello abete, grazie sorelle cespuglio », mormora mentre sente che il nevischio
si allontana e un tepore dolce lo avvolge come una coperta. Chiude gli occhi stanchi e
bisbiglia una preghiera addormentandosi come un cherubino.
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